Focus: Il Phantom di Paul Ryan


Eroi quotidiani
di Alberto Gallo

Nel 2004, al traguardo degli 80 anni, George Olesen chiude la sua esperienza su Phantom. Inchiostrato da Keith Williams sulle strisce quotidiane e da Fred Fredericks sulle pagine domenicali, l’ex assistente di Sy Barry ha dato vita a una fase di transizione (con più ombre che luci) segnata nel 1999 dalla morte di Lee Falk, sostituito stabilmente da Tony DePaul dopo un breve periodo di alternanza con Claes Reimerthi. Classe 1954, l’ex giornalista DePaul era stato scelto come erede di Falk per essersi distinto nel Team Fantomen, il gruppo di autori impegnato a realizzare storie inedite per il mercato scandinavo. Quando Olesen si ritira, quell’enorme serbatoio di artisti provenienti da tutto il mondo fornisce anche il nome del suo successore: si tratta di Paul Ryan, un solido disegnatore approdato al Phantom svedese quasi per caso. 


Nato a Somerville (Massachusetts) il 23 settembre 1949, dopo la laurea in progettazione grafica Ryan si arruola nell’esercito e viene spedito prima a Fort Dix (New Jersey) per l’addestramento di base, poi alla Massachusetts Military Academy di Wakefield per l’addestramento degli ufficiali. Per undici anni lavora nel dipartimento grafico della Metcalf & Eddy Engineering di Boston, ma non ha dimenticato l’amore per i fumetti che prova fin dall’infanzia, con una preferenza per i personaggi d’avventura come Tarzan, Prince Valiant e Phantom. Da ragazzino aveva apprezzato il lavoro di Wilson McCoy, ma era stato l’arrivo di Sy Barry a esaltarlo: Phantom veniva disegnato con lo stesso stile realistico del Superman di Curt Swan, il suo artista preferito dell’Uomo d’acciaio insieme a Wayne Boring. Come in quei grandi amori che fanno giri immensi e poi ritornano, la prima occasione per affacciarsi al mercato del fumetto arriva soltanto nel 1983, alle soglie dei 34 anni, vincendo un concorso per nuovi talenti indetto dalla Charlton Comics con la storia fantascientifica Breed. Quando Breed viene pubblicata dalla Americomics di Bill Black sul numero 1 di Starmasters (marzo 1984), il nome di Paul inizia a circolare tra le fumetterie della sua Boston e arriva a Bob Layton, che lo assume per un anno come assistente agli sfondi. La collaborazione con Layton è il pass per l’ingresso in Marvel grazie all’interessamento di Jim Shooter, una militanza lunga undici anni durante la quale, tra i tanti progetti, spiccano i disegni per tutti i 32 numeri di D.P. 7 (1996), la collaborazione con John Byrne sulle serie degli Avengers dal 1989 al 1991, lo storico matrimonio tra Peter Parker e Mary Jane Watson apparso su The Amazing Spider-Man Annual 21 (1987) e la celebre run sui Fantastici Quattro scritta da Tom DeFalco tra il 1991 e il 1996. Rimosso a due numeri del termine del ciclo sui Fantastici Quattro per fare spazio a Carlos Pacheco in risposta all’imminente arrivo di Jim Lee, Ryan si consola con i colossi di casa DC come Batman, Flash e Superman, venendo coinvolto anche nella saga Superman Red/Superman Blue (1998). Con la collaborazione allo speciale Superman: The Wedding Album del 1996, inoltre, Paul diventa l’unico artista ad aver partecipato a entrambi gli speciali matrimoniali delle icone Marvel e DC.


Dopo un rapido ritorno in Marvel e un’incursione nell’orbita delle case editrici minori, nel 2000 arriva la svolta. Mettendo all’asta le sue tavole su eBay, Ryan riceve il messaggio di un appassionato svedese: “Hai mai pensato di disegnare Phantom?”. L’autore del messaggio si chiama Jonas Vesterlund e dice di aver lavorato come stagista per la Egmont, la casa editrice che produce Fantomen, storie scandinave di Phantom. Da vecchio ammiratore dell’eroe mascherato, Paul ne approfitta per inviare qualche pagina dei suoi lavori a Ulf Granberg, il responsabile di Fantomen. Quando riceve le tavole, Granberg non ha esitazioni: qualche model sheet dei personaggi principali e l’ingresso di Ryan nello staff è cosa fatta. L’esordio su Fantomen avviene nel novembre 2001, propiziando involontariamente un’innovazione: per l’occasione viene chiesto a Ryan di disegnare la copertina, ma Paul non se la sente di realizzarne una a tecnica pittorica come impone la tradizione della rivista. Non dipinge dal 1967, gli servirebbe troppo tempo per riprendere confidenza con pennelli e colori. Su approvazione di Granberg, Ryan decide di disegnare l’illustrazione a matita e china per poi affidare la colorazione digitale all’amico Tom Smith. Il risultato piace tanto all’editor quanto al pubblico, che sembra apprezzare l’approccio più moderno proposto dal disegnatore americano. Notando come le copertine colorate in digitale facciano registrare un leggero aumento delle vendite, poco per volta si adegueranno al nuovo metodo anche gli altri artisti del Team Fantomen.


Dodici storie disegnate nell’arco di cinque anni: il lavoro di Ryan su Fantomen prosegue fino al 2004 attirando l’attenzione di Jay Kennedy, editor del King Features Syndicate, che lo nomina nuovo artista titolare della striscia quotidiana di Phantom. Per Paul non è la prima esperienza con le strisce sindacate del King: tra il 1992 e il 1995, infatti, aveva già disegnato le tavole domenicali di Spider-Man. La sua prima strip compare il 31 gennaio 2005, nel bel mezzo di “Temple of the Gods”, una storia iniziata da Olesen e Williams. Sotto il segno di Ryan e DePaul, Phantom vive un vero e proprio rinascimento: sebbene abbiano lavorato insieme su Fantomen soltanto per una storia, i due autori dimostrano subito un’intesa straordinaria, donando nuova linfa al personaggio. L’apice della loro era si registra nella maxi saga in cinque episodi pubblicata tra l’agosto 2009 e il maggio 2011 (il più lungo arco narrativo di sempre) con protagonista Chatu, uno spietato terrorista soprannominato ‘Pitone’, diventato il principale nemico di Phantom. Ma Chatu è solo uno dei tanti nuovi personaggi ricorrenti che DePaul crea per ampliare il cast, rinforzando in particolar modo la presenza femminile con l’inserimento di figure come Capitan Savarna e le nuove reclute della Pattuglia della Giungla, Hawa Aguda e Kay Molloy. Terrorismo, traffici illeciti, intrighi internazionali: grazie alle trame sempre più orientate verso i crimini reali a scapito delle storie a carattere folkloristico, in tutta la gestione si respira una forte aria di contemporaneità, straordinariamente interpretata dalla matita di Ryan. Dalle città agli arredi interni passando per vestiti, oggetti e veicoli, il disegnatore del Massachusetts muove i personaggi in un ambiente estremamente vivo e reale, la cui spazialità è esaltata da un abilissimo uso della prospettiva. Nelle sue strisce Phantom sembra davvero far parte della nostra realtà, quasi come se le sue imprese fossero una delle notizie di cronaca degli stessi quotidiani su cui viene pubblicato. Da questo punto di vista, Ryan riprende il concetto di realismo introdotto da Barry, accentuandolo e attualizzandolo. Sebbene l’artista di New York sia dichiaratamente il suo faro nella notte, Paul non cade nella trappola dell’emulazione, preferendo usare Barry come punto di riferimento da un aspetto più concettuale che stilistico. Graficamente, infatti, le sue pagine sono fisiologicamente più moderne, caratterizzate dal suo tipico segno dettagliato e dominate da un Phantom particolarmente possente, la cui muscolatura marcata evidenzia la profonda padronanza anatomica del disegnatore. Non amando vedere i suoi disegni inchiostrati da altre mani, Ryan lavora sulla striscia da solo, senza assistenti, mantenendo costantemente una qualità invidiabile nonostante i ritmi di produzione serrati. Nelle sue pagine non si vedono mai cali di attenzione, scorciatoie, vignette approssimative o figure tirate via. L’alto livello qualitativo appare ancora più sorprendente se si pensa che dal 2007 al 2011 (più una breve parentesi nel 2012, dovuta alla morte di Eduardo Barreto) disegna anche le tavole domenicali (colorate dal fedelissimo Tom Smith) e si concede qualche nuova incursione su Fantomen. Con l’approdo a Phantom, insomma, Ryan trova la sua dimensione ideale, il contesto adatto per firmare le pagine migliori della sua carriera, esprimendo un potenziale forse mai mostrato pienamente negli anni trascorsi in Marvel e DC.


La mattina di lunedì 7 marzo 2016 i lettori si svegliano con una tragica notizia: Paul Ryan è morto improvvisamente nella sua casa di Hudson (Massachusetts), a soli 66 anni, proprio quando aveva appena ricevuto una nuova sceneggiatura da DePaul. La sua corsa su Phantom si arresta drasticamente com’era già avvenuto con Ray Moore, ma soprattutto con Wilson McCoy e Barreto. La notizia della scomparsa di Ryan rimbalza immediatamente dalle webzine ai blog, dai forum ai social network, dando vita al ricordo corale di un artista che, pur senza venire mai celebrato adeguatamente, ha firmato alcuni dei principali eventi degli anni Ottanta e Novanta per le Big Two. Le sue strisce di Phantom terranno compagnia al pubblico fino al 28 maggio 2016, per poi cedere il timone a Mike Manley.


Pur con una carriera decollata tardi e finita prematuramente, Ryan ha avuto spesso occasioni professionali importanti senza cercarle e si è tolto la soddisfazione di disegnare buona parte dei suoi personaggi preferiti. Con Phantom, in particolare, si era creato un feeling speciale, che in qualche occasione gli aveva fatto suggerire alcuni spunti a DePaul. A dimostrazione del suo impegno, per disegnare una singola striscia impiegava circa sette ore, quattro dedicate alle matite e tre all’inchiostrazione. Una volta impostato il disegno a matita, realizzava ombre e chiaroscuri direttamente a pennello, per poi aggiungere dettagli, tratteggi e linee di contorno con un pennello più fine. Sebbene avesse sempre al suo fianco materiale di riferimento, preferiva privilegiare l’osservazione, modellando le fisionomie dei personaggi su persone reali e affidandosi al suo occhio d’artista sia per le anatomie che per gli ambienti. “In ogni situazione, cerco sempre di memorizzare qualsiasi cosa - diceva - Posso memorizzare un volto, una stanza, facendo attenzione anche alle ombre”. La capacità di osservazione era supportata da una grande conoscenza tecnica del disegno e da un vasto bagaglio di esperienze personali: analogamente a Phantom, nel corso della vita Ryan aveva praticato scherma, equitazione, tiro con l’arco e pesi, ma sapeva maneggiare anche le armi da fuoco. Durante il periodo militare era persino entrato nella squadra di tiratori della National Guard, lasciando l’esercito nel 1978 con il grado di sottotenente. Prima di sposarsi con Linda (sua compagna per tutta la vita), aveva praticato arti marziali per due anni, fermandosi alla cintura marrone di Shotokan sotto la guida del sergente di polizia Jim Tatosky, maestro di Shotokan e taekwondo. Grazie all’eroe mascherato, infine, aveva potuto finalmente divertirsi a disegnare gli adorati cavalli. Secondo DePaul erano uno dei punti di forza del disegnatore, ma è davvero difficile trovare difetti nel suo lavoro. Talvolta considerato l’erede ideale di Sy Barry, Ryan ha avuto il merito di svecchiare la striscia e, insieme a DePaul, ha saputo rilanciarla in grande stile dopo il declino seguito alla fine dell’era Falk, imponendosi come uno dei principali artisti nella storia dell’eroe mascherato. Niente male, per un disegnatore arrivato a Phantom quasi per caso.
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