Mani nascoste
di Alberto Gallo
Consapevole dell’impegno richiesto dalla produzione quotidiana, fin dall’inizio della sua esperienza su Phantom, Barry si circonda di diversi ghost artist per velocizzare il lavoro e rispettare le scadenze. Nei primi anni Sessanta il suo principale collaboratore è Bob Forgione, disegnatore classe 1929 che ha iniziato la carriera intorno al 1948 come assistente di Jerry Robinson. Forgione firma le matite delle strisce quotidiane dei primi anni Sessanta, sfornando diversi primi piani iconici dell’eroe mascherato in cui la geometria della testa è valorizzata da un abile gioco di luci e ombre, sapientemente abbinato a scorci inusuali. Il suo stile pulito, dinamico ed espressivo sembra non avere punti deboli: la collaborazione con Forgione dà vita al periodo migliore dell’era Barry, la fase più apprezzata dai lettori, quella a cui viene più frequentemente associato il nome dell’artista di New York. Con l’addio di Forgione, le strisce si mantengono su ottimi livelli ma perdono buona parte della loro freschezza per accentuare ancora di più l’impronta realistica. Nel 1966 Joe Giella presenta a Barry Don Heck (co-creatore di Iron Man), propiziando una collaborazione destinata a durare dodici anni. Durante questo periodo, Heck diventa rapidamente uno degli assistenti preferiti di Sy, che ne apprezza non solo la capacità di realizzare buoni layout in tempi rapidi ma anche la gentilezza e il carattere tranquillo. Sebbene Heck cerchi di uniformarsi allo stile del disegnatore titolare, qualcuno nota la sua mano e gli scrive una lettera per chiedergli di cosa si occupi su Phantom, suscitando lo stupore del disegnatore. Nel 1968 è lo stesso Giella a entrare nella squadra di Barry. I due si erano conosciuti a 16 anni, quando frequentavano la School of Industrial Arts, ed erano rimasti buoni amici, condividendo anche l’esperienza da assistenti sulle strisce di Flash Gordon. Quando Sy gli propone di aiutarlo, Joe Giella accetta: reduce dai disegni delle strip di Batman, tre giorni ogni settimana si reca a casa del collega (distante una ventina di minuti dalla sua) per lavorare su Phantom. Il suo compito non si limita a matite, chine e sfondi, ma sfocia addirittura in mansioni da segretario. Quando Barry va in vacanza, inoltre, approfitta della somiglianza tra i loro stili per lasciagli la completa realizzazione delle strisce. Durante i diciassette anni di lavoro sull’eroe mascherato, Giella non ha alcun contatto con Lee Falk: l’unico incontro tra i due avviene a una festa di Natale organizzata dal King Features Syndicate, dove lo sceneggiatore, ormai anziano, si presenta con la terza moglie Elizabeth Moxley, più giovane di trentuno anni.
Nonostante il metodo di lavoro a catena di montaggio, gli anni Sessanta sono caratterizzati da una discreta uniformità stilistica grazie alla mano di Barry, che rifinisce e inchiostra i layout degli assistenti conferendo alle strisce la sua personalissima impronta. Le cose cambiano nel 1972, quando nella storia giornaliera “The Witchman” si iniziano a notare alcune differenze piuttosto importanti. Le novità sono il frutto del lavoro di André LeBlanc, disegnatore haitiano classe 1929, già al fianco (anonimamente) di Will Eisner su Spirit e collaboratore di lungo corso di Dan Barry. Per sette anni, nel periodo compreso tra il 1972 e il 1979, è lui il principale disegnatore di Phantom, occupandosi spesso anche dell’inchiostrazione e disegnando integralmente le strisce quando Barry va in vacanza. L’artista titolare supervisiona meticolosamente il lavoro, ma con LeBlanc si perdono buona parte delle caratteristiche dei folgoranti anni Sessanta: il volto di Phantom si trasforma, i primi piani penetranti e le vignette grafiche scompaiono, la regia diventa più statica. Il suo è un Phantom ordinario, dignitoso ma senza colpi ad effetto, privo dell’energia vitale che aveva contraddistinto il decennio precedente. Il momento più alto del periodo LeBlanc è rappresentato senza dubbio dal matrimonio dell’eroe mascherato (“Phantom Wedding”, 31 ottobre 1977 - 4 febbraio 1978), di cui l’assistente realizza con ogni probabilità matite e chine tanto per le strisce giornaliere quanto per le tavole domenicali.
Analogamente a quanto avvenuto trent’anni prima con Ray Moore, dal periodo LeBlanc in poi Barry sembra perdere progressivamente interesse per Phantom, finendo per lasciare sempre più spazio agli assistenti. Sulla situazione influisce certamente il rapporto teso con Falk, dovuto alle frequenti intemperanze tra i due. Fortunatamente, verso la fine degli anni Settanta, l’approdo di Richard “Rich” Buckler alla corte del disegnatore regala alla striscia nuova linfa. Buckler arriva a Phantom tramite Dan Barry, che lo raccomanda al fratello dopo averlo avuto come aiutante su Flash Gordon. Pur senza raggiungere i livelli dei primi anni Sessanta, il nuovo collaboratore recupera parte del vigore perso con LeBlanc, dimostrandosi nettamente più brillante dell’aiutante di Haiti. La lunga esperienza come ghost artist, maturata anche al fianco di Al Williamson su Secret Agent Corrigan, gli permette inoltre di uniformarsi con più facilità allo stile di Barry, da cui si distingue soprattutto per un uso del nero più intenso. Nei primi anni Ottanta, quando Buckler lascia Phantom, l’unico assistente di Barry rimane il fedelissimo George Olesen, al suo fianco dal lontano 1962. Fino al 1984 Olesen si occupa principalmente delle matite per le storie domenicali, per poi disegnare anche le strisce quotidiane. Tra gli assistenti di Barry, è probabilmente uno dei meno dotati: le figure rigide e legnose, unite al volto di Phantom squadrato e più anziano, contribuiscono a rendere le sue tavole eccessivamente scolastiche, per certi versi inadeguate. La lunga militanza sul personaggio, la produttività elevata e la puntualità nell’eseguire il lavoro fanno comunque di lui un professionista affidabile, permettendogli una lunga e proficua collaborazione.
Durante la sua esperienza su Phantom, Barry dove fare continuamente i conti con il comportamento sopra le righe di Falk, reo di mettergli i bastoni tra le ruote in più di un’occasione. Trame incomplete, sceneggiature che tardano ad arrivare, personaggi dimenticati e nomi cambiati nel corso della stessa storia: nella prima metà degli anni Novanta Barry non tollera più l’atteggiamento poco professionale dello sceneggiatore, che spesso gli ha reso difficile programmare un periodo di vacanza e talvolta lo ha costretto a interventi in corsa per tappare qualche falla. Stanco e ormai privo di stimoli creativi, nel 1994 Barry decide di levare le tende e ritirarsi per dedicare più tempo alla moglie Simmy (scomparsa nel 2020) e ai tre figli, che gli regalano quattro nipoti. Falk non sa che dietro il lavoro di Barry c’è la mano di Olesen ma, quando lo scopre, affidargli il ruolo di nuovo disegnatore titolare diventa una scelta naturale.
Ritiratosi dal fumetto, Barry dedica gran parte del suo tempo alla pittura, concentrandosi soprattutto su ritratti realizzati con una combinazione di olio, acrilici e acquerelli. Alcune di queste opere hanno per protagonista Phantom e sono state utilizzate come illustrazioni di copertina in diverse parti del mondo. Negli anni continua ad apparire alle convention e a realizzare sketch liberi e disegni su commissione (tuttora molto ambiti da appassionati e collezionisti), oltre a proseguire l’attività da filantropo, garantendo tempo e sostegno economico a numerose associazioni.
Amatissimo dai lettori, con trentatre anni di servizio sulla striscia Barry è il disegnatore titolare di Phantom più longevo, oltre a essere quello più influente. Si può dire che, chiamando a raccolta un esercito di assistenti, sia stato proprio lui a generare la nascita di una scuola di artisti figlia dello stile di cui ha fissato i canoni negli anni Sessanta. Quasi tutti i suoi eredi baseranno il loro lavoro proprio sul suo Phantom, rendendolo un punto di riferimento insostituibile. In cinquant’anni di carriera, a sua volta, lui stesso è stato influenzato da molti artisti. In primo luogo dal fratello Dan, dalla cui collaborazione ha imparato più di quanto abbia potuto apprendere nel percorso di studi. In seconda battuta dagli impressionisti Degas e Daumier, che spesso l’hanno salvato dalla tendenza a procrastinare fornendogli stimoli e spunti per superare i momenti di difficoltà. Il realismo del suo stile ha inoltre richiesto un ampio uso di documentazione, custodita nel cosiddetto “morgue”: foto di sport, vestiti, uniformi, mezzi di trasporto, città straniere e quant’altro fosse necessario disegnare nelle strisce venivano raccolti là, in quei tre schedari pieni di materiale di riferimento, rigorosamente ordinati dalla A alla Z.
Nel momento di massima popolarità dell’era Barry, la striscia dell’eroe mascherato viene letta quotidianamente da oltre 100 milioni di persone sparse in tutto il mondo. Sebbene il disegnatore ritenga che Falk abbia spesso cercato di metterlo in secondo piano per prendersi tutto il merito del successo, lo sceneggiatore ha sempre speso buone parole nei suoi confronti, descrivendolo come l’artista tecnicamente più accurato tra tutti quelli che hanno lavorato sulla striscia, dotato di un talento speciale per il layout e considerato da tutto il settore del fumetto uno dei più grandi inchiostratori. Il riconoscimento di Falk per il lavoro di Sy (che attualmente vive a Long Island, nella sua New York) è più che motivato: del resto, se Phantom è uno dei pochi personaggi degli anni Trenta ancora vivi e pubblicati in diverse nazioni, buona parte del merito va al rinnovamento avviato da Barry.
Ottimi articoli ricchi di informazioni che altrimenti sarebbero state difficili da reperire.... una domanda: Sy Barry afferma di essersi ispirato a Jaclyn Smith (Charlie's Angels), parliamo quindi dal 1976 in poi... ma a chi si ispirò per la Diana Palmer da quando iniziò a lavorare dal 1961 sulla striscia di Phantom? tra l'altro mi piace molto di più! Grazie!!!
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