Focus: Il Phantom di Ray Moore - Terza parte

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Fantasmi al tramonto 
di Alberto Gallo 

Al ritorno dal conflitto, Moore trova un Phantom in forte cambiamento. I disegni naïf di McCoy, infatti, hanno spinto Falk su nuove rotte narrative per proporre trame più affini allo stile del disegnatore: le storie d’azione dal taglio realistico stanno cedendo gradualmente il passo ad avventure più fantasiose, spesso ambientate in regni incantati e contesti quasi fiabeschi. Se il primo Phantom era pensato principalmente per un pubblico maturo, quello nuovo sembra rivolgersi a un target sempre più giovane

Per celebrare il ritorno ai pennelli di Moore, Falk pensa di sfruttare nuovamente la sua abilità nel disegnare le donne scrivendo “The Mermaids of Melo Straits” (12 novembre 1945 - 16 febbraio 1946), una storia per le strisce quotidiane in cui una banda tutta al femminile rapina i passeggeri delle navi travestita da sirene. Ray riprende così la fascia da capitano e il fedele McCoy torna a indossare la divisa da gregario, ma la mano felice dei giorni migliori è soltanto un ricordo: Moore è tornato dalla guerra con un serio problema alle nervature, un disturbo che gli crea grossi problemi al tavolo da disegno. La qualità del lavoro è talmente inferiore ai suoi standard da far sospettare a qualcuno che le strisce siano opera di un altro artista. Effettivamente, se da un lato il lungo periodo di inattività può aver arrugginito Moore, dall’altro lato è difficile accettare disegni così poveri e approssimativi da un autore che aveva conquistato il pubblico a colpi di dinamismo, mistero e seduzione. Nel corso dell’avventura successiva (“Princess Valerie”, 18 febbraio - 13 luglio 1946), i disturbi obbligano Moore ad abbandonare il lavoro e cedere nuovamente il testimone a McCoy. Questa volta, però, il passaggio di consegne diventa definitivo: non potendo reggere i ritmi per la produzione quotidiana, Ray lascia ufficialmente le strisce giornaliere all’assistente e si limita a disegnare le tavole domenicali. L’esperienza si rivela estremamente complicata, con McCoy costretto più volte a correre (anonimamente) in soccorso per completare il lavoro abbandonato dal collega, tornato a esprimersi su buoni livelli ma spesso bloccato ai box da una condizione fisica sempre più sofferta. La situazione si protrae tra alti e bassi per circa due anni, fino a quando i problemi di salute costringono Moore ad alzare bandiera bianca e salutare Phantom per sempre: la sua ultima apparizione avviene nella storia domenicale “The Haunted Castle” (12 settembre 1948 - 13 febbraio 1949), di cui disegna solo la tavola iniziale. Ancora una volta la missione verrà completata dall’inesauribile McCoy, destinato a subentrare come artista titolare anche sulle pagine domenicali. 


Ray Moore termina la sua carriera da disegnatore a soli 43 anni, forse chiudendosi la porta alle spalle con qualche rimpianto. Non tanto perché la sua esperienza nel mondo del fumetto sia stata breve, quanto per non aver dato tutto quello che avrebbe potuto. Nello spazio di un decennio ha disegnato pagine memorabili passate alla storia dei comics, ma i ritmi di lavorazione pressanti, la chiamata in guerra e i problemi di salute hanno fortemente limitato il suo lavoro, spesso costringendolo a cambi di stile e soluzioni di ripiego. Probabilmente, in altre circostanze, la sua impronta nella storia del fumetto avrebbe potuto essere ancora più profonda. 


Ormai in pensione, nel 1949 Moore compra una casa su una sperduta collina del West County, dove si ritira a vivere con la moglie. La coppia non avrà figli e nel tempo libero giocherà spesso a golf, una delle poche attività a cui Ray amerà dedicarsi dopo un iniziale interesse per la pittura. Il 13 gennaio 1984 l’artista muore d’infarto al Saint Joseph Hospital, nella zona di Kirkwood (un sobborgo di St. Louis), senza essere mai stato dimenticato dai lettori. Per onorare la sua memoria, l’ex casa-studio di Barrett Station Road (a Des Peres, nella Contea di St. Louis, Missouri) viene donata nel 1994 dalla moglie al Missouri Department of Conservation insieme ai 13 ettari dell’adiacente bosco di proprietà dell’artista, convertiti in parco e rinominati Phantom Forest. 


Paradossalmente, la vita di Moore diventa più nota dopo la sua scomparsa, quando alcuni appassionati iniziano a indagare per capire meglio chi fosse il primo disegnatore dell’Ombra che cammina. Nel 2011, in occasione dei 75 anni di Phantom, la nipote Gina Moore Reiners rende pubbliche numerose fotografie inedite dello zio Ray dall’infanzia all’età adulta, mentre in precedenza la signora Claire (morta nel 2005) si era dimostrata prodiga di informazioni. Per esempio, aveva raccontato che il marito, prima di accettare il ruolo di disegnatore di Phantom, si era consultato con alcuni amici artisti sulla definizione grafica dell’eroe mascherato. Il confronto era proseguito per qualche tempo: s’incontravano un paio di volte alla settimana per discutere lo sviluppo concettuale del personaggio e qualche volta si univa a loro anche Falk. Per disegnare Diana, inoltre, Ray chiedeva spesso alla moglie di fargli da modella, mentre l’idea di far accompagnare Phantom dal lupo Devil derivava probabilmente dalla passione dell’artista per il disegno dei lupi e dal suo amore per i cani. Del resto, come lui stesso aveva raccontato in un’intervista, il primo personaggio di sua creazione era stato proprio un lupo “con occhi come fari”, disegnato all’età di 5 anni. 


Moore, insomma, non è stato solo il primo disegnatore dell’Ombra che cammina ma ha avuto un ruolo attivo nella nascita del personaggio, di cui è meritatamente considerato co-creatore. Lee Falk non gradiva l’approccio disordinato al lavoro dimostrato da Ray né la sua scarsa attitudine nel rispettare le scadenze, non amava nemmeno il suo modo di disegnare i veicoli, eppure l’ha sempre ritenuto il miglior disegnatore di Phantom specialmente per la straordinaria capacità nel disegnare le figure femminili, riconoscendo come nessun altro artista abbia mai eguagliato l’abilità di Moore nel saper infondere alle scene un profondo alone di mistero. Forse è proprio grazie a questa forza evocativa che, nonostante negli anni si siano succeduti ai disegni diversi nomi di alto livello, anche una nutrita schiera di appassionati continua a ritenere Ray il miglior interprete di Phantom. Viene il sospetto, però, che Moore sia stato la firma più rappresentativa del primo eroe mascherato non solo per meriti creativi. A pensarci bene, in fondo, soltanto un artista così misterioso avrebbe potuto dare vita nel miglior modo possibile a un personaggio misterioso quanto lui.

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