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Il creatore di mondi
di Alberto Gallo
Per essere un autore ancora giovane e arrivato ai fumetti quasi per caso, all’alba degli anni Novanta Masamune Shirow ha già messo insieme una carriera di tutto rispetto. In pochi anni ha sfornato quattro titoli da professionista (due dei quali destinati a passare alla storia dei manga), senza dimenticare i precedenti lavori amatoriali per Atlas. La produzione inizia ad essere quantitativamente elevata al punto che in Seishinsha, sfruttando il momento favorevole, si pensa a progettare un libro capace di ripercorrere la cavalcata di Shirow verso il gotha dei mangaka. Il 17 luglio 1992 viene così rilasciato Intron Depot, un interessante art book che raccoglie tutte le illustrazioni realizzate da Black Magic in avanti, corredate da note e commenti scritti direttamente dall’autore. Oltre a farsi apprezzare per la pubblicazione di materiale raro o completamente inedito, il volume fornisce l’occasione per ammirare l’evoluzione grafica dell’artista, dai disegni incerti degli esordi a quelli maturi ed eleganti di Ghost in the Shell e Orion.
Dopo il successo di Ghost in the Shell, però, il 1992 non pare foriero di nuove serie. Su Comic Gaia esce un nuovo capitolo di Appleseed (Artemis’s Snipe) suddiviso in 3 puntate, mentre su Young Magazine torna Ghost in the Shell con una storia autonoma, completamente slegata dalla serie principale. Shirow sembra orientato a proseguire soltanto i suoi due cavalli di battaglia, finché il 9 agosto arriva il colpo di scena. Aprendo il numero 1 di Comic Dragon, una nuova rivista pubblicata dalla Fujimi Shobo, i lettori si imbattono nel poster a colori che inaugura un progetto stranissimo. S’intitola Neuro Hard – Planet of the Bees e, nonostante presenti una traccia narrativa, non si tratta di un vero e proprio fumetto. Neuro Hard non è una sceneggiatura, non è uno storyboard, non è nemmeno un insieme di schede tecniche. È qualcosa di nuovo, qualcosa che non si era mai visto e che non si può incasellare in una categoria ben definita. Il nuovo lavoro di Shirow è un progetto che lui stesso definisce “world building”, la creazione di una realtà utilizzabile come piattaforma per dare vita a nuovi fumetti, videogiochi o serie animate. Otto pagine al mese (poi ridotte a quattro) di appunti, disegni, progetti, studi e vignette raccordati da un testo, pensate con l’obiettivo di descrivere sotto ogni profilo il mondo, la tecnologia e i personaggi dell’opera. Neuro Hard è sostanzialmente un concept work da cui altri artisti possono attingere per sviluppare i loro lavori. Un serio candidato potrebbe essere Adam Warren (“mi piacerebbe”, commenta Shirow in un’intervista), il disegnatore americano famoso per il suo stile ispirato ai manga e grande estimatore del maestro di Kobe. Oppure si potrebbe selezionare un plotone di autori chiedendo a ognuno di costruire una propria storia partendo dal lavoro di Masamune. Neuro Hard spalanca prospettive affascinanti non solo perché sul plot proposto dall’artista giapponese si possono innestare migliaia di storie diverse, ma anche perché Shirow si confronta per la prima volta con l’esplorazione spaziale. E lo fa in modo decisamente originale.
Nel 2300 l'esplorazione dello spazio è all'ordine del giorno e gli esseri viventi del pianeta Hurema Hiyuto sono in contatto con gli abitanti di altri sistemi stellari. Quando vengono rilevate forme di vita intelligenti sul quinto pianeta del sistema Houston, una squadra formata da esploratori come la giovane Martina parte con la navicella Housenaka per indagare. Lungo il viaggio la spedizione viene attaccata da un gruppo di pirati spaziali che fa precipitare la loro nave su Anthea, uno strano pianeta dominato da un’aggressiva colonia di api. Iniziata l’esplorazione del pianeta, la squadra della Housenaka scopre i resti di una civiltà tecnologicamente avanzata apparentemente scomparsa. Nel corso della missione Martina rimane ferita, ma viene tratta in salvo da un’ape che lei chiama affettuosamente Rose. Da quel momento le due diventano inseparabili, sviluppando una sorta di misterioso rapporto simbiotico. L’esplorazione del pianeta prosegue, portando Martina e i compagni verso incontri sempre più strani. Quando la spedizione prova a interagire con il popolo delle api, i tentativi cadono nel vuoto: la comunicazione tra forme di vita così differenti pare impossibile, rendendo sempre più rischioso il compito degli ammutinati. Dov’è finita la civiltà che un tempo abitava Anthea? Avrà semplicemente abbandonato il pianeta o sarà stata sterminata dalle api? E quale risultato avrà la missione del team di Martina? Gli esploratori riusciranno a sopravvivere trasformando Anthea in un nuovo inizio per l'umanità o verranno sopraffatti dal popolo delle api?
Il 17 gennaio 1995 la terra fa tremare Kobe, cancellando ogni possibile risposta a queste domande. Alle ore 05:46 una violenta scossa di terremoto sveglia bruscamente la città, radendo al suolo palazzi e uccidendo oltre 6mila persone. Nel sisma Shirow perde buona parte del materiale raccolto per il suo lavoro, senza più riuscire a recuperarlo completamente. Il progetto Neuro Hard è definitivamente compromesso: inizialmente prevista in un’ottantina di tavole, l’opera s’interrompe a poco meno di 60 pagine per un totale di dieci puntate, rimanendo uno dei lavori di spicco dell’autore. Un grande cast di personaggi, l’eccelso livello grafico, il giusto equilibrio tra biologia, mecha design e tecnologia, l’affascinante descrizione scientifica di mondi e creature aliene accompagnata dalle note tipiche della sua produzione, rendono Neuro Hard un’opera visionaria unica nella carriera di Shirow, capace di trattare con approccio assolutamente inconsueto e personale anche temi abusati come l’esplorazione spaziale e i contatti alieni. Il terremoto avrà inghiottito il finale, ma non ha potuto cancellare i meriti di una serie doverosamente inserita tra i migliori lavori del maestro di Kobe.
Nonostante il successo riscosso presso pubblico e critica, Neuro Hard godrà di una meritata edizione in volume solo nel 2015, quando la Seishinsha colmerà il vuoto raccogliendo la saga spaziale sul secondo numero della collana "Pieces Gem". Con il suo carico di novità, però, la serie non è l’unico esperimento avviato nel 1992: il 4 gennaio prende il via Exon Depot, un progetto di brevi one-shot a colori e senza dialoghi. Pubblicata su Comic Gaia 4, la prima storia s’intitola Yamazakura (Wild Mountain Cherry), è composta da 4 pagine e vede una ragazza scontrarsi con alcuni mezzi meccanici che le stanno dando la caccia. La seconda storia, apparsa su Comic Gaia 12 il 2 novembre dello stesso anno, s’intitola Shimban (Judgement) ed è formata da 11 pagine in cui viene raccontato il contatto tra una razza tecnologicamente sviluppata e una popolazione primitiva. Caratterizzato da una bellissima colorazione a olio e una forte dose di violenza, l’episodio viene notato principalmente per i numerosi nudi femminili (in cui l’autore dimostra nuovamente un certo gusto per il fan service) e verrà riproposto nel 1996 in una versione modificata.
L’annata partita apparentemente in sordina va così in archivio con notevoli spunti di interesse e non è un caso che entrambe le novità siano progetti anomali. Shirow sembra un vulcano creativo in costante eruzione, le idee zampillano a getto continuo senza concedergli la possibilità di svilupparle come vorrebbe, costringendolo a ripiegare su soluzioni alternative. In questo contesto Neuro Hard diventa una via di fuga che gli permette di lanciare una nuova serie senza doverla tradurre in un vero e proprio arco narrativo (dispendioso in termini di tempo ed energie), mentre Exon Depot gli dà modo di sfogare quella voglia di lavorare a colori che non aveva potuto mettere in pratica con Orion. A Seishinsha e Fujimi Shobo, dal canto loro, l’intenzione di Shirow di lanciarsi in progetti simili fa comodo. Obbligate a orientarsi su materiale più commerciale, le riviste delle grandi case editrici non potrebbero pubblicare lavori che di mainstream non hanno nulla, lontani dai canoni del loro target di riferimento. Liberi da questi vincoli, invece, gli editori minori possono assecondare le esigenze di Shirow garantendosi i servigi di un artista che, in altre circostanze, difficilmente potrebbero permettersi e consegnano al pubblico materiale di assoluto prestigio. Il risultato finale è tanto logico quanto sorprendente: fare di necessità virtù giova a tutte le parti in causa, specie quando si ha a che fare con un autore di questa caratura.
Mentre in Giappone Shirow vive il momento più splendente della sua carriera, l’invasione occidentale dei manga solca le onde dell’Atlantico e raggiunge l’Europa. Quasi nessuno crede veramente in questa operazione: per le case editrici giapponesi un gap culturale troppo vasto separa i lettori occidentali e quelli del Sol Levante, mentre gli editori europei considerano i manga una moda passeggera destinata a tramontare in un paio di anni. Uno dei pochi a credere nell’iniziativa è Federico Colpi, un giovane free agent italiano che, sulla falsariga di Toren Smith, nel 1990 si trasferisce in Giappone per trattare i diritti con le case editrici nipponiche. Grazie all’acquisizione di titoli come Dragon Ball per la Francia (primo manga pubblicato Oltralpe) e le opere di Hayao Miyazaki per il mercato spagnolo, il lavoro di Colpi apre la strada allo sbarco dei manga nel Vecchio Continente insieme a quello di pochi altri pionieri. Luigi Bernardi sta dirigendo la filiale italiana della prestigiosa casa editrice francese Glénat, quando gli capita fra le mani il primo numero dell’edizione americana di Akira targata Marvel Comics. All’editore Jaques Glénat, detentore di una filiale anche in Spagna, è infatti stato offerto di tradurre in Europa la serie di Otomo e bisogna decidere cosa fare. Colpito dalla qualità del prodotto e fiducioso che la generazione di lettori cresciuta guardando le serie TV giapponesi sia pronta a recepire i manga, dal suo ufficio milanese Bernardi dà l’OK all’operazione. Nell’aprile 1990 compare nelle edicole il numero 1 di Akira, il primo fumetto giapponese ad essere pubblicato in Italia. Due anni dopo Bernardi lascia la Glénat per fondare la bolognese Granata Press, la prima casa editrice italiana a puntare in modo massiccio sui manga con ben due linee editoriali dedicate. Insieme a serie come Ken il Guerriero, Lamù, Devilman e Crying Freeman, ci sono anche i fumetti di Shirow: tramite lo Studio Proteus, tra il settembre e il dicembre 1992 approdano sulla collana Z Comix prima Black Magic e poi Dominion. Nonostante la particolarità delle due opere, i lettori sembrano apprezzare al punto che, convinto dai buoni risultati di vendita, Bernardi darà il benestare anche alla serializzazione di Appleseed. Con le pubblicazioni della Granata Press Shirow sbarca per la prima volta in terra europea, ottenendo lo stesso gradimento ricevuto negli Stati Uniti. Federico Colpi e Luigi Bernardi avevano ragione: i manga hanno tutte le carte in regola per fare breccia nel pubblico del Vecchio Continente.
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