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di Alberto Gallo
La pubblicazione di Manmachine Interface segna un vero spartiacque nella carriera di Masamune Shirow. La controversa seconda saga di Ghost in the Shell presenta diverse caratteristiche che allontanano l’autore dagli aspetti narrativi per concentrarsi maggiormente su quelli grafici, ma nessuno può immaginare che sia solo il prologo ad una vera e propria rivoluzione. Le porte aperte dal disegno digitale conducono Shirow in dimensioni inesplorate, offrendo un richiamo irresistibile alla sua continua voglia di sperimentare e alimentando quella mancanza di interesse a sviluppare trame di ampio respiro che si era già in parte annusata con Neuro Hard e Exon Depot. Di quest’ultimo progetto realizza un nuovo one-shot intitolato Arms, pubblicato nel dicembre 1997 sul numero 15 di Young Magagazine Aka-Buta, ma probabilmente le critiche prodotte da Manmachine Interface accendono la miccia decisiva e gli fanno capire che è ora di voltare definitivamente pagina. Così, dopo la pubblicazione di Ghost in the Shell 2, Shirow decide di dire basta con i fumetti per dedicarsi esclusivamente a progetti alternativi. La scelta non viene mai dichiarata ufficialmente, ma quando gli anni passano e il laboratorio di Kobe non produce più nuovi manga, i lettori capiscono di dover dire addio all’artista che hanno amato fino a quel momento per scoprirne un altro completamente nuovo. Per non finire come quegli autori che, dopo aver sfornato capolavori assoluti, hanno proseguito il percorso producendo fotocopie sbiadite delle loro opere più famose, Shirow prova a reinventarsi. Se non si tratta esattamente di una rinascita, il maestro di Kobe innesca quantomeno una completa rigenerazione.
La seconda carriera di Masamune Shirow si presenta ai nastri di partenza nella primavera 2002 con Galgrease, una serie di poster-libretti pieghevoli allegati alla rivista Young Magazine Uppers della Kodansha. Si tratta sostanzialmente di una serie di illustrazioni in computer grafica accompagnate da brevi testi in cui Shirow ipotizza idee per nuove serie, quasi dei concept works ipoteticamente paragonabili a Neuro Hard. A differenza della saga spaziale, però, in Galgrease le idee non vengono mai sviluppate ma soltanto abbozzate in una manciata di righe. Le protagoniste sono sempre avvenenti personaggi femminili, le ambientazioni spaziano dalla fantascienza al fantasy passando per il western, la pirateria e l’avventura alla Indiana Jones, mentre le atmosfere sfociano quasi sempre in situazioni tra l’erotico e il pornografico che permettono all’autore di sbizzarrirsi nel fan service più sfrenato. Avviata il 2 aprile 2002 e conclusa il 18 aprile 2003 per un totale di 12 poster, la prima serie si intitola Gun & Action e comprende i cicli Wild Wet West, Hellhound e Galhound. La seconda serie, invece, inizia il 2 maggio 2003 per terminare il 20 aprile 2004, componendosi di altri 12 poster con i cicli Wild Wet Quest, Hellcat e Galhound 2. A queste due serie si aggiungono 4 poster extra (tre di Hundred Demons e uno di Galhound), rilasciati tra il maggio e l’ottobre 2004. Per quanto possa sembrare azzardato, il nuovo corso giova immediatamente: Galgrease ottiene un ottimo consenso di pubblico, facendo capire all’autore che il cambio di rotta ha funzionato. La possibilità di esprimersi senza vincoli narrativi (ma semplicemente seguendo gli stimoli creativi) gli permette di recuperare la popolarità incrinatasi con Manmachine Interface, mentre la formula editoriale con cui viene proposto fa apparire il progetto come un evento speciale. Venduti solo per un periodo limitato, infatti, i poster guadagnano in breve tempo quotazioni altissime fino a essere contesi dai collezionisti in aste nazionali. I 6 cicli di poster presentati in Galgrease vengono successivamente raccolti dalla Kodansha in altrettanti volumi usciti tra il 2003 e il 2004, per poi essere riproposti (insieme ad altre illustrazioni) dalla Seishinsha nella collana "Pieces", pubblicata tra il 2009 e il 2012.
Il primo progetto a dislagarsi da Galgrease è Galhound. Con il suo mix di fantascienza e belle ragazze, il titolo combina i componenti classici della produzione di Shirow e sembra perfetto per una pubblicazione indipendente. L’autore architetta insieme a Kodansha un lavoro articolato in tre art book con schede su protagonisti, ambientazioni e contesto dell’opera, ma il piano va in fumo e il lavoro viene ereditato dalla Seishinsha, che nell’aprile 2010 lo pubblica sul secondo libro di "Pieces" con il titolo PhantomCats. Costretto a concentrare il contenuto di tre volumi in un solo art book di 88 pagine, Shirow è profondamente insoddisfatto del risultato finale. Le sue idee su come sviluppare un titolo sono sempre molto chiare e questo volume non è quello che aveva in mente. La possibilità di concretizzare una versione estesa di PhantomCats arriva due anni dopo, quando il 25 febbraio 2012 la casa editrice GOT rilascia l’hentai W Tails Cat 1: pensato in quattro art book, è il primo lavoro di Shirow vietato ai minori di 18 anni. Il secondo e il terzo libro escono nel 2013 e nel 2016, ma la serie non si limita alla dimensione cartacea: nel 2013 vengono infatti realizzati sette brevi episodi animati in 3D, diffusi gratuitamente su YouTube con il titolo W Tails Cat – A Strange Presence.

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- Focus: Masamune Shirow 9 - Secret Files
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