Recensione: Marvels: l'occhio della fotocamera

Le meravigliose visioni di Busiek
di Gianluca Lamendola

MARVELS: L'OCCHIO DELLA FOTOCAMERA
Autori: Kurt Busiek e Roger Stern (testi), Jay Anacleto (disegni)
Formato: 152 pagine, colore, cartonato, 17x26, 16 €
Editore: Panini Comics

Finalmente Panini ci ripropone, stavolta in un bel cartonato, Marvels: l’occhio della fotocamera, l’attesissimo seguito di Marvels (1994), la celebre miniserie scritta da Kurt Busiek e disegnata da Alex Ross.

Al timone di questa nuova fatica narrativa troviamo ancora Busiek (assistito da Roger Stern) in compagnia però di un nuovo disegnatore, Jay Anacleto che ha in comune con Ross lo stesso stile pittorico sebbene vi siano tra i due notevoli differenze. Difatti, se nelle tavole di Ross traspariva una grande lucentezza e una straordinaria capacità compositiva attraverso l’uso di campi lunghi e di piani medi per rendere palpabile lo stupore provato dal cittadino newyorkese alla vista degli eroi, nelle tavole di Anacleto osserviamo l’abbondanza di toni più cupi insieme a tratteggi pastosi che meglio esprimono la carica negativa e claustrofobica della storia.

Questo perché Marvels: l’occhio della fotocamera non è un omaggio o un’astuta manovra commerciale, bensì un’opera fortemente indipendente rispetto all’illustre predecessore. Infatti, se la prima volta attraverso l’obbiettivo del fotografo freelance Phil Sheldon avevamo acclamato gli eroi simbolo della speranza di un’intera nazione, ora ne osserviamo anche la faccia più triste e decadente. Del resto l’aspetto che interessa ai media più delle loro gesta eroiche sono proprio i fallimenti e le disgrazie di Capitan America e soci, visti non più come uno slancio positivo per il domani, ma come i feticci mostruosi dell’umanità moderna.

Così l’opera di Busiek è un’acuta riflessione su i tempi in cui viviamo, in cui spesso si dà per scontato tanto i grandi “miracoli” quanto le piccole cose del quotidiano, ricercando nello scandalo una via di fuga da una vita di cui non percepiamo più il senso, sommersa com’è da tante paure e problemi. Tuttavia, come ci insegna alla fine Phil, il mondo può anche essere chiassoso e confondere, ma ancora una volta l’amore per la verità funziona meglio di una bussola.
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