Recensione: H.P. Lovecraft - La tomba

Anche l’estate è nera
di Matteo Spadini

H.P. LOVECRAFT - LA TOMBA
Autori: D.D. Bastian (testi), Nino Cammarata (disegni)
Fumetto: 80 pagine, colore, cartonato, 21x30, 16,90 €
Editore: Edizioni NPE

Scelta curiosa quella di estrapolare il racconto La Tomba dalla maestosa produzione di Howard Phillips Lovecraft per farne un adattamento a fumetti (di D.D. Bastian e Nino Cammarata). Curiosa, ma allo stesso tempo intrigante.
Il racconto, uno dei primi dell’autore, risale al 1917 e viene collocato nel gruppo delle Storie macabre. Siamo lontani, dunque, dal suo più famoso e angosciante Ciclo di Cthulhu che vedrà luce circa dieci anni dopo.

Per una serie di circostanze ed eventi, all’età di 10 anni, Jervas entra in contatto mentale con la tomba della famiglia Hyde che si trova all’interno di un mausoleo, non lontano da quello che una volta era il loro palazzo di cui, ora, sono rimaste solo ceneri. Un incendio, infatti, lo ha distrutto mettendo fine a certi macabri e squallidi riti, che venivano portati avanti in lussuosi saloni illuminati da vecchi candelabri, e in più remoti luoghi abbracciati dalle tenebre. Solo qualche tempo dopo, in realtà, Jervas riuscirà ad entrare fisicamente nella tomba degli Hyde e a scoprire cose che, come lui stesso dice, è meglio non raccontare e non nominare (uno dei concetti chiave della poetica di Lovecraft). Ma, forse, la scoperta più inquietante di Jervas è venire a conoscenza del suo lontano legame di sangue con gli Hyde; un vivo e ossessivo richiamo che lo renderà prigioniero dei suoi stessi incubi.

Per la sua sceneggiatura, Bastian sceglie la strada della narrazione visiva, per immagini. Non ci sono dialoghi ma solo poche didascalie con la voce narrante di Jervas. In questo modo, naturalmente, si chiede molto alla mano del disegnatore, Cammarata, e alla sua abilità di mostrare senza l’aiuto delle parole. Il risultato è davvero accattivante. I disegni hanno un tratto pulito e ben definito, e raggiungono la loro massima espressione con il supporto dei colori (sempre di Cammarata); luci ed ombre si alternano fra una vignetta e l’altra donando sintesi e atmosfera. Il percorso di vita e morte di Jervas e l’alternarsi delle sue stagioni sono sparsi ad arte e diventano, così, una specie di caos controllato che gira come la ruota panoramica di un parco degli orrori e torna, nel finale, all’inevitabile desolazione del punto di partenza. La triste e dannata vicenda di Jervas passa di qui attraverso lampi e squarci, orrori e visioni (come nella cupa ed iconica tavola di pagina 33), inspiegabili apparizioni (29) e incaute esplorazioni (15); nemmeno il crepuscolo di quell’estate (26) riuscirà a mutarne il nero percorso.

Da abbinare alla lettura Dirty Black Summer dei Danzig.
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