Focus: Lo spirito fiero dei battle manga - Seconda parte


Yûjô! Doryoku! Shôri!
Lo spirito fiero dei battle manga 
O come gli shōnen manga assomigliano ai comics di supereroi. 
di Jason Thompson (trad. di A. Neri)

(2) L'EROE SI ALLENA PER DIVENTARE PIÙ FORTE


C’è un’area in cui il coraggio e la determinazione si intrecciano vagamente col pragmatismo del mondo reale, ed è l’allenamento. Quando gli eroi degli shōnen manga non si battono, si induriscono: portano i pesi, fanno strani lavori, scansano le api mentre sono legati ad un albero, scappano da dei dinosauri, corrono per centinaia di miglia in una sola volta, stanno in equilibrio sulle mani sullo schienale di una sedia traballante, stanno su un dito sul filo di lama di un coltello, lottano ad occhi bendati, usano delle macchine della gravità per esercitarsi a 100 volte la gravità della Terra, e così via. Il manga funziona seguendo la regola del "ciò che non ti uccide ti rende più forte". L'"etica del lavoro giapponese", benché non così indiscussa come negli anni ’80, ancora risplende negli shōnen manga. Al contrario, il lettore di comics americani sa che Batman fa sempre i pesi per allenarsi e gli X-Men hanno la Stanza del Pericolo, e gli scrittori in genere non si dilungano con queste cose noiose. Quando l’allenamento è un vero elemento della storia, è in genere parte del background del personaggio, come quando Daredevil è allenato da Stick. E Stick, dopo tutto, fu ispirato dall’amore di Frank Miller per le arti marziali asiatiche e i ninja.

Ecco perché gli eroi di shōnen manga vincono le battaglie: se lo sono guadagnato. Secondo una vecchia storia riportata in Dreamland Japan di Frederik Schodt, il magazine di successo Shonen Jump identifica i tre elementi chiave dello shōnen manga in yûjô, doryoku, shôri ("amicizia", "perseveranza", "vittoria"). L’allenamento è la perseveranza. Gli eroi di shōnen sono durissimi, per quanto piccolissimi e chibi (piccoletto in giapponese, N.d.T.) possano sembrare. Una delle differenze immediatamente più ovvie tra gli eroi di shōnen e i supereroi, è il tipo di corporatura dei personaggi. Da Superman e Li’l Abner in poi, gli eroi di comics americani sono sempre stati alti e muscolosi (o, nel caso delle donne, alte e formose), mentre gli eroi di shōnen manga sono bassi, giovani, e non importa quali siano i loro fantastici poteri ma raramente hanno una massa muscolare ben visibile. Ovviamente i comics americani hanno degli eroi-ragazzi occasionali, come Robin o Impulso, ma come fa notare Andrew Farago, hanno una scomoda tendenza a farsi uccidere. Braccio di Ferro può sembrare scemo, ma ha dei bicipiti come prosciutti (andiamo in Europa per un secondo: Asterix è piccolo, sì, ma non possiamo parlare di battle comic visto che i combattimenti durano un attimo). Al contrario, se sei uno dall’aspetto robusto in un manga, probabilmente non sopravvivrai alla tua prima battaglia

Non è sempre stato così; negli anni ’70 Ryoichi Ikegami (che era influenzato da Neal Adams) disegnava gli uomini più realisticamente mascolini mai visti nei fumetti giapponesi per ragazzi, e negli ’80 artisti come Tetsuo Hara e Tsukasa Hojo si specializzarono in grossi pettorali e mascelle quadrate. Ma gli eroi carini di Saint Seiya e Dragon Ball, che erano pubblicati nello stesso periodo, generarono una discendenza molto più grande. Questa può essere una differenza culturale tra giapponesi ed americani come immagine del corpo (dopo tutto, anche i seinen manga come Tough di Tetsuya Saruwatari hanno come protagonisti degli eroi bassi), ma può anche riflettere i differenti gruppi di età a cui è destinata l’opera. Gli shōnen manga sono soprattutto letti da giovani di 14 anni, cioè l’età media dei personaggi; i comics americani sono letti per la maggior parte da gente di 20 anni o più. Per un bambino piccolo (o un redattore di manga, adulto e pelle e ossa) l’idea di avere le capacità di battere ragazzi grossi e forti solo con le proprie braccia fini come bastoncini, è incredibilmente attraente. Per un adulto, potrebbe essere più facile immaginarsi di trasformare il grasso in muscoli.

Forse è un po’ troppo incredibile vedere un bimbo alto un metro e venti scagliarsi contro dei tipi robusti e giganteschi, ma può essere più credibile (ma preoccupante per dei genitori americani - ma hey, possono leggersi i loro dannati manga!) vedere lo stesso bimbo di un metro e venti sopportare un dolore pazzesco. La solidità, ancor più che la forza, è la caratteristica più importante di tutti gli eroi di manga. Anche uno stupido qualsiasi, se sopporta colpi ripetuti e rimane in piedi pur coperto di sangue, può guadagnare il rispetto dei suoi nemici. A causa del Comics Code o a causa di aspirazioni di realismo, i comics americani lasciano raramente i loro eroi a sopportare una tale violenza grafica; ma il sangue degli shōnen manga è più simbolico che letterale. Il sangue dei manga è il sudore e le lacrime di un’altra cultura, un segno di sincerità e dedizione. Zatch Bell! e One Piece mettono regolarmente i loro eroi in enorme pericolo, ma la morte è totalmente assente in questi manga. "L’impressione che il manga farà sul lettore è importante. Anche se la pace è acquisita dopo la battaglia, se ci sono dei morti non suona bene" dice il creatore di One Piece, Eiichiro Oda. Un ovvio elemento fantastico rende la potenziale sospensione di incredulità ancora più grande, così come fa il sangue più esplicito dei seinen manga (manga per uomini). Il premio per il fondamentale "Era solo una ferita superficiale" va al volume 22 di Bastard!!, in cui Dark Schneider e l’angelo Uriel si esplodono reciprocamente i cervelli con due colpi simultanei alle teste... per poi rigenerarsi e continuare la battaglia. La scena fu coscientemente o incoscientemente imitata nell’8° numero di Hellsing, una delle battaglie più equamente combattute della serie.

Esiste un solo limite ai poteri dell’eroe di battle manga: la sua corporatura, che definisce l’identità dell’eroe. Anche se ti trasformi in un demone (come gli eroi di Naruto e Yu degli Spettri) o una delle tue braccia è un’arma vivente (come l’eroe di D.Gray-man), sei solo grande così e hai solo così tanti arti (a meno che tu non sia l’eroe simili-idolo buddista dotato di migliaia di braccia in Butsu Zone di Hiroyuki Takei). Affari tentacolari che scappano fuori dal tuo costume bloccando i proiettili al posto tuo, come in Kurohime, sanno un po’ di imbroglio. A meno che tu possa volare come gli eroi di Dragon Ball Z, c’è anche il problema della mobilità: Kenshiro in Fist of the North Star è praticamente invulnerabile e invincibile, ma con le sue spalle larghe e la sua aura maestosa, è così lento che viene da chiedersi perché i cattivi semplicemente non scappino da lui. Usare il corpo umano al suo meglio nelle battaglie, cioè disegnando corpi in movimento piuttosto che degenerare in scene di grappoli di saette di energia, effetti screentone e oggetti che esplodono, è una delle cose che differenzia il battle manga buono dal cattivo.

La ragione ultima dell’allenamento, ovviamente, è che rende i personaggi più umani e simpatici. Nei manga l’eroe standard non è uno che nasce con dei superpoteri, ma è, apparentemente, una persona normale che deve allenarsi duramente per ottenerli. Nella versione originale one-shot di Naruto, in realtà Naruto era uno spirito della volpe che prendeva la forma di un ragazzo, ma gli editori di Masashi Kishimoto lo convinsero che per i lettori sarebbe stato più facile avvicinarsi ad un ragazzino che aveva solo una parte dello spirito della volpe dentro di lui. Da un certo punto di vista tutto questo è conservatore - tutti gli eroi di shōnen manga devono essere dei bambini coraggiosi-ma-insicuri con un potenziale nascosto? - ma così è il manga, in cui l’Uomo è la misura di tutte le cose. Soprattutto se l’"Uomo" è un amalgama dei lettori giapponesi maschi di 14 anni.

Continua con
- Lo spirito fiero dei battle manga - Terza parte
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