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- Lo spirito fiero dei battle manga - Prima parte
- Lo spirito fiero dei battle manga - Seconda parte
- Lo spirito fiero dei battle manga - Prima parte
- Lo spirito fiero dei battle manga - Seconda parte
Yûjô! Doryoku! Shôri!
Lo spirito fiero dei battle manga
O come gli shōnen manga assomigliano ai comics di supereroi.
di Jason Thompson (trad. di A. Neri)
(3) L'EROE DIVENTA PIÙ FORTE E AFFRONTA NEMICI PIÙ FORTI
(Casualmente, è questo che separa il genere da Lone Wolf and Cub, in cui l’eroe, non solo resta al’incirca allo stesso livello di forza lungo tutta la storia, ma combatte nemici di livelli differenti, fatta eccezione della battaglia finale. Anche in Kenshin, Samurai Vagabondo, Samurai Deeper Kyo e Fist of the North Star gli eroi rimangono per lo più statici, e riescono a cavarsela per il rotto della cuffia, visto che i nemici diventano invece progressivamente più forti.)
Come quando si passano i livelli in un gioco di ruolo, l’aumento della forza dell’eroe è la prova dello scorrere del tempo negli shōnen manga. Ma visto che l’aspetto dell’eroe raramente cambia di molto, a parte per qualche trasformazione temporanea - non si può pasticciare con l’immagine che caratterizza il personaggio - l’artista deve usare diversi trucchi per esprimere l’aumento di potenza. In alcuni casi questo viene realizzato attraverso dei semplici numeri, come il "livello di combattimento" in Dragon Ball Z. Vale la pena notare che, comunque, Akira Toriyama lasciò perdere i livelli di combattimento quando i valori superarono il milione. Oppure ci sono un gran numero di modi arbitrari, inventati per l’occasione, per misurare la forza: "magic plates" in Mx0, "sigil dates" in Shiki Tsukai, "livelli" in Yu degli Spettri. Questi artifici non sono realmente necessari, visto che la vera prova di forza non è di essere "più forte", ma essere "più forte di te" - la forza è relativa agli altri personaggi. Così i nemici devono diventare sempre più forti, perché la forza dell’eroe abbia un significato. Alcune delle scene più drammatiche sono quelle in cui l’eroe perde contro un nemico, ma poi lo batte in una rivincita. In One Piece volume 6, Roronoa Zolo, usando tre spade, è sconfitto dal più grande spadaccino al mondo Dracule Mihawk, usando solo un coltello di 10 cm. Mihawk sfida Zolo a cercarlo e a batterlo quando sarà abbastanza forte. Quasi 90 volumi dopo la rivincita non c’è ancora stata, ma chi non l’attende? Alla fine ci deve essere un limite a questa progressione, ma Eiichiro Oda ha seminato abbastanza spunti da poter andare avanti ancora per anni.
Questo non vuol dire che ai fan giapponesi non piacciono le classifiche ossessivo-compulsive di chi è più forte di chi. Raccogliere i dati è un passatempo legittimo sia tra i fan che tra i personaggi di carta (come Sadaharu Inui in Il principe del Tennis). Le serie popolari hanno spesso dei libri ufficiali per i fan con degli schemi che confrontano le relative forze o debolezze dei personaggi, in particolare dei personaggi di secondo piano, le cui posizioni sono più ambigue di quella dell’eroe. Ecco perché la maggior parte dei battle manga di lungo corso ha un ampio cast di personaggi di supporto: non solo aumentano il numero di scontri potenziali (e tolgono all’artista la pressione dell’escalation di potere), ma visto che loro non sono l’eroe, non sono obbligati a vincere. Questo ci conduce ad una regola collaterale: spesso il nemico sconfitto diventa amico dell’eroe. Anche il seinen manga politico Eagle: The Making of an Asian-American President segue questa formula; l’eroe prima batte il suo concorrente democratico alle primarie, e poi fa di lui il suo compagno nella corsa per battere il candidato repubblicano. Da un punto di vista della storia, questo conduce a una redenzione strappalacrime (più comune nei fumetti giapponesi che in quelli americani, più caratterizzati da una più netta contrapposizione morale di tipo bianco/nero) e permette ad una faccia familiare di restare per far piacere ai fan. Un rivale è sempre più interessante di un compagno, e comunque, così come avviene con i cattivi redenti Yamcha (Iamko nei doppiaggi Mediaset degli anime, N.d.T.), e Tenshinhan (Tensing) che spariscono sullo sfondo di Dragon Ball, Al Noah difficilmente ha un dialogo dal momento in cui accetta la nomina alla vice-presidenza.
Combattere, allenarsi e combattere ancora - questa è la formula degli shōnen battle manga. Il marchio di un grande battle manga non è solo la commedia, il dramma e l’immagine originale, ma il creare tensione all’interno di questa formula - creare la suspense illusoria che l’eroe possa davvero perdere. O può perdere? Il famoso manga di boxe Rocky Joe finisce con Joe sconfitto e apparentemente morto; ma questo avveniva nei tempestosi anni ’70, e i creatori potrebbero aver voluto finire su un tono triste perché il loro manga era stato costretto alla chiusura dalla pressione dei censori. Il primo story arc di Le bizzarre avventure di JoJo ha una fine tragica, e Yu degli Spettri si chiude su un tono auto-ridimensionatorio. Mi piace che ci siano degli elementi tragici e mi annoio con serie in cui gli eroi sono troppo sicuri di sé e vincono troppo facilmente (Flame of Recca, Fist of the North Star). D’altra parte, le rare occasioni in cui l’eroe perde e deve rimettersi in discussione sono sempre memorabili. Forse una delle risposte più soddisfacenti alla domanda "Chi può battere l’eroe?" è "Sé stesso". In Yu-Gi-Oh!, la prima vera sconfitta di Yugi (l’intervallo con Pegasus non conta) viene quando lui getta via volontariamente un incontro, sapendo che il suo avversario Kaiba si suiciderà se perderà la gara. Yami Yugi è deciso a lasciar morire Kaiba, e il suo alter ego deve intervenire per fermare la lotta, un momento inaspettato - la morale contro l’invincibilità - che è probabilmente la migliore scena della serie. In Bastard!! al culmine dello scontro con la sua ex-fidanzata in cui solo uno può sopravvivere, il protagonista "si strappa il cuore" per salvarla (fortunatamente in Bastard!! la morte è quasi sempre temporanea).
Nonostante la loro natura formulata rigidamente e la pesante interferenza editoriale, i manga appartengono al creatore, e i personaggi dei fumetti giapponesi sono inseparabili dai loro autori. Gli "universi condivisi" e i crossover sono praticamente inesistenti, con l’eccezione di in-jokes come xxxHOLiC e Tsubasa: Reservoir Chronicle delle CLAMP. Quando ero alla Viz, chiesi agli editori Shueisha e a DC se c’era una possibilità di realizzare un crossover Dragon Ball Z/Superman, e la risposta di Shueisha fu "Nessuno tranne Akira Toriyama può disegnare Dragon Ball" (questa risposta potrebbe semplicemente essere un modo di isolarsi di Shueisha, perchè in realtà Eiichiro Oda e Akira Toriyama avevano già collaborato ad un one-shot, Cross Epoch). Una ragione più vera di questa mancanza di crossover tra i diversi shōnen manga, comunque, è che la maggior parte di loro hanno essenzialmente la stessa storia. I supereroi americani in genere hanno dei ruoli differenti all’interno del loro universo (con un numero di tipi di base: lo scienziato, il vigilante, il carro armato, il velocista, ecc.); Power Man e Iron Fist combattono i cattivi di terz’ordine, mentre gli X-Men combattono Magneto. Ma in uno shōnen manga il protagonista è, quasi sempre, il Protagonista, il Ragazzino che Impara Come Essere Sempre Più Forte e a Crescere. Se due di questi eroi onnipotenti apparissero nella stessa storia, uno sarebbe di troppo e uno o entrambi dovrebbero ricoprire un ruolo differente dal proprio... impensabile! In definitiva, il mondo degli shōnen manga non è relativista.
Come qualcuno che ha letto relativamente pochi comics di supereroi prima di scoprire i manga all'università, gli shōnen battle manga - con inizio e fine, con un grande spargimento di sangue e dramma - sono la mitologia di Joseph Campbell dei miei 14 anni segreti. Penso sia importante dire per prima cosa che ho parlato di stereotipi generali in questo articolo e, secondariamente, non tutti i battle manga parlano solo di lotte: trattano della passione e del melodramma che circondano le battaglie e che sono espresse attraverso di loro. Trattano di audaci proclami e discorsi enfatici, grida, risa e di picchiar gente. Anche i manga di una certa sofisticazione e ironia (come Le bizzarre avventure di JoJo e Shaman King) comprendono questi elementi emotivi molto più dei comics americani e, quando questi elementi sono presenti, sono potenti.
Se i battle manga non impegnano il lettore intellettualmente quanto i migliori fumetti americani di supereroi (ancora, Shaman King è forse un’eccezione), è perché ci sono già i manga seinen e josei per i creatori che vogliono fare qualcosa di più serio. In America, d’altra parte, c’è una lunga tradizione di creatori che testano i limiti dell’unico genere - i supereroi - che può assicurare loro una paga fissa e permettere loro di raggiungere ben più di qualche migliaio di lettori. Ma non c’è nulla di sbagliato a disegnare fumetti esplicitamente fatti per giovani lettori, e neppure a leggerli da adulti. I molti shōnen manga standardizzati sono superati in importanza dai molti che sperimentano con il genere, che superano le aspettative e che mostrano delle doti e peculiarità che solo un fumetto che appartiene al suo autore (i diritti dei fumetti dei grandi editori come DC e Marvel generalmente non appartengono agli autori, N.d.T.) può possedere. E lo ammetto: mi piace sempre una buona lotta.
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