Recensione: X-Men: le storie incredibili 1-7

Gli estivi X-Men
di GianLorenzo Franzì

X-MEN: LE STORIE INCREDIBILI 1-7
Autori: Chris Claremont, John Byrne, Joe Casey, Brian Michael Bendis, Jim Lee e Scott Lobdell  (testi), John Byrne, Paul Smith, Walter Simonson, John Romita Jr., Steve Rude, Michael Ryan, Esad Ribic, Chris Bachalo, Billy Tan, Stuart Immonen, David Marquez, Jim Lee, Michael Golden, Dave Cockrum e Arthur Adams (disegni)
Formato: 160-208 pagine, colore, brossurato, 17x26, 8,90 € cad. (oltre al costo del quotidiano)
Editore: RCS Media Group
In allegato a "Il Corriere della Sera" e "La Gazzetta dello Sport"

È di poche ore fa, nel momento in cui scriviamo, l’uscita del primo numero di House of X, ovvero il nuovo corso mutante a firma Jonathan Hickman: e ancora non si sono spenti i clamori per quello che sembra essere non solo una testata eccellente, ma una vera e propria rivoluzione editoriale, un punto di svolta narrativo e culturale all’interno del mondo disegnato. 

Gli incredibili mutanti X
Il gruppo mutante è stato, per quasi tre decenni, la punta di diamante della produzione della Marvel Comics: una testata (l’Uncanny X-Men scritta da Chris Claremont) che non solo per sedici anni ininterrotti è stata ai primi posti di vendita, e ha creato un sotto-universo narrativo interno alla stessa casa editrice, ma anche ha dettato e scritto le regole per quanto riguarda l’impianto grafico e visuale dei fumetti, facendo da trait d’union tra pubblicazioni mainstream e underground, ed è stata un modello narrativo inarrivato, per come ha saputo produrre pagine tra le più importanti del fumetto moderno e creare storie talmente seminali da essere poi prese a modello dal cinema (Alien e Terminator). Nei primi anni Dieci poi qualcosa si è rotto: probabilmente perché i mutanti sono stati, da quando Claremont li ha presi in mano in poi, una metafora sociale e politica così potente da non sopportare, e non reggere, storie "semplicemente" superomistiche, necessitando per mantenere la linea editoriale di un sottotesto così forte da non poter essere meno che eccellente. Negli anni Duemila, dopo che grandissimi autori come Lobdell e Nicieza avevano portato avanti le linee guida dell’eterno Claremont, Grant Morrison aveva saputo innervare e innestare spunti post punk che abbracciavano trame di grande sensibilità e suggestioni politiche; ma solo l’arrivo di Hickman ha saputo però riportare i mutanti in alto, innervandone le storie e i caratteri con la sua potente ispirazione. Contemporaneamente, a Lucca Comics 2019 arriva proprio lui, X-Chris: e nonostante poche, sparute voci di una critica che non solo non sa leggere, ma neanche conosce il passato, l’arrivo dello scrittore è atteso come uno degli eventi culturali dell’autunno.

L’importanza degli X-Men a livello letterario è indiscutibile: certo, per quanto Claremont abbia impresso in maniera indelebile il suo stile narrativo e un vero e proprio mood, tanti sono stati gli autori che hanno raccontato le storie dei mutanti per usare la loro potente metafora, raccontando in maniera adulta e impegnata la nostra attualità.

La serie, i nomi
X-Men: Le Storie Incredibili, eleganti brossurati da edicola con cover morbida, è la prima, vera antologia di storie X presentata al grandissimo pubblico: queste collane hanno sempre privilegiato il mondo degli Avengers sfruttando il traino dello stratosferico successo cinematografico, ed era venuto il momento (dopo una parentesi un paio di anni fa con 25 volumi di grande formato dedicati a Wolverine) di presentare degnamente le più belle storie degli X-Men. E non siamo di parte se diciamo che c’è l’imbarazzo della scelta, a differenza del mondo vendicativo che, gioco forza, doveva concentrarsi più o meno sulle stesse avventure. X-Men: Le Storie Incredibili sembra pescare indistintamente nella lunga carriera dei mutanti: anche se la parte del leone è inevitabilmente spettante alle storie di Claremont, avendo scritto più o meno metà di tutta la loro storia editoriale. L’ordine che privilegeremo sarà quello strettamente cronologico, per facilità di esposizione, e non quello seguito dai volumi settimanalmente. 

I Figli dell’Atomo (di Joe Casey/Esad Ribic, Paul Smith, da Children of the Atom, # 1/6 2000)
Splendida miniserie che ripercorre i primissimi passi del gruppo di Charles Xavier, partendo dal reclutamento e approfondendo i vari personaggi, il pelatone in primis. È stata pubblicata nel 2000, in piena revamp mutante dovuta all’arrivo e al successo dei film di Bryan Singer su grande schermo, ed è scritta da un autore di gran classe come Joe Casey, per qualche tempo runner anche sull’ammiraglia Uncanny X-Men (vol. 1, #368, 394-409, 1999, 2001-2002, tutto pubblicato sullo spillato mensile Marvel Italia Gli Incredibili X-Men). Come era di moda in quei tempi, le lontane origini dei supereroi nati negli anni ’60 andavano riviste e rimodernate per un pubblico più smaliziato: alcune cose che ne uscirono erano davvero illeggibili (come il restart di Spider-Man per mano di John Byrne, altrove geniale, qui fuori tempo massimo), questo Children of the Atom invece era e resta un gioiello di leggerezza e profondità. Graziato oltretutto dalle matite di Steve Rude per i primi tre episodi, e da quelle di un acerbo ma già efficacissimo Esad Ribic negli ultimi due, con un passaggio di Paul Smith un po' bollito. Interessante specialmente il tono intimista con cui Casey rielabora i caratteri degli X-Men originali, riscrivendone in parte la storia (specialmente quella di Scott Summers, Ciclope).

La Saga di Fenice Nera (di Chris Claremont, John Byrne, da Uncanny X-Men # 101/108, vol. 1, 1976) 
Partenza obbligata, la collana non poteva che partire con la storia più famosa non solo del mondo degli X-Men ma del fumetto serial in generale. Spartiacque della narrativa disegnata, questi otto episodi sono il culmine della seconda saga ad ampio respiro di X-Chris. Lo scrittore aveva preso in mano i mutanti quasi per scommessa, "strappandoli" al super impegnato Len Wein: e iniziò quasi da subito a strutturare gli episodi come tanti tasselli di un unico, grande disegno complessivo. Questa tecnica fu affinata dallo stesso Chris Claremont via via nel corso della sua gestione, arrivando a inserire spunti per trame che si sarebbero sviluppate pienamente addirittura anni e anni dopo: ma già in Uncanny 101/108 diversi accenni portano a storie future. Sta di fatto che la "Dark Phoenix Saga" inaugurò un vero e proprio filone, ovvero quello che supereroe buono che, impazzito per il troppo potere, impazzisce e diventa cattivo. Insomma, l’inevitabile e consequenziale passo successivo ai "da un grande potere derivano grandi responsabilità", cioè "da grandi responsabilità derivano grandi stress". Impossibile poi non citare Jim Shooter, storico editor in Marvel dalle idee rivoluzionarie e dal carattere impossibile: è lui che ha come ossessione il lato oscuro dei supereroi, ed infatti durante la sua gestione questo è un tema abbastanza ricorrente (come nella prima Guerra delle Armature, sviluppata da David Micheline sulla testata Iron Man vol. 1, # 225/232 ma lontana in modo abissale dalle latitudini emotive degli X-Men), ma trova sulla testata Uncanny la sua massima espressione. Disegni di John Byrne, che con il suo stile morbido e classico segnò indelebilmente un’epoca. 

Dalle Ceneri (di Chris Claremont, Paul Smith, John Romita Jr, da Uncanny X-Men vol. 1, # 169/175, 1983)
Uno dei cicli più belli, conosciuti e giustamente celebrati degli X-Men di Claremont, un gruppo di episodi che mostrano in maniera esemplare il nucleo magmatico ed emotivamente esplosivo del gruppo e del suo senso morale. Storie di riflessione, pause e rincorse improvvise, con approfondimenti psicologici inediti per l’epoca e la nascita di alcune storyline tra le più profonde e avvincenti di sempre. Giusto per citare a memoria alcuni tra i passaggi più lirici: il dialogo tra Kitty Pryde e Illyana Rasputin sull’amicizia; Logan che dice a Kurt Wagner "tutti siamo in pericolo, fin dal momento in cui nasciamo.. non ci sono garanzie per nessuno, amico". Da segnalare anche un passaggio particolarmente importante del triangolo Scott Summers-Jean Grey-Maddie Pryor, e il "battesimo" del draghetto della Pryde, Loocked. Purissima storia del fumetto. Paul Smith segnò in questi episodi il suo traguardo migliore: elegante e fluido, con uno storytelling perfettamente adeguato all’andamento lento e meditativo dei testi; Romita Jr arrivò sull’ultimo episodio per restare alcuni mesi, agli inizi ma già vigoroso ed efficace.

Nella Terra Selvaggia (di Chris Claremont, Michael Golden, Dave Cockrum, Paul Smith, Arthur Adams, da Marvel Fanfare #1/4, Uncanny X-Men Annual 1 1988)
Negli anni ’80 una delle testate qualitativamente più elevate della Marvel fu Marvel Fanfare, antologica ideata e diretta da Al Milgrom, disegnatore di mediocre propensioni ma grande artigiano. Inevitabile che i primi numeri contenessero storie degli X-Men, scritti dal Claremont che proprio sulla fine degli anni ’80 stava scrivendo le sue più belle storie mutanti. La miniserie è fuori continuity ma è particolarmente godibile per le matite brillanti ed esplosive di Michael Golden, artista straordinario avanti con i tempi che ritrasse uno splendido Warren Worthington II; peccato che gli episodi 3 e 4 vedano un drastico calo, per un Dave Cockrum che iniziava ad invecchiare male e un Paul Smith fuori forma. Claremont ovviamente è una garanzia: ma lo è ancora di più per l’Annual, che all’epoca era inserito nella maxi saga "Evolutionary War" pur rimanendo godibilissimo a sé stante: i disegni sono di un Arthur Adams stratosferico, e i personaggi risentono fortemente delle caratterizzazioni che il loro scrittore di riferimento stava fornendo loro sulla testata principale, sulla quale il gruppo si era trasferito in Australia ed era morto agli occhi del mondo. Une vera e propria epoca d’oro che rivive in 40 splendide tavole.

Magneto Trionfante (di Chris Claremont, Jim Lee, Chris Bachalo, da X-Men vol. 1, # 1/3, 1991; X-Men Unlimited 1, 1993)
Altro acme narrativo di Claremont. Negli anni ’90 i mutanti erano all’apice della loro popolarità, e la Marvel decise di varare la seconda testata a loro nome: lo scrittore era sempre Claremont, ai disegni lo stesso Jim Lee che lo stava accompagnando su Uncanny. Un binomio celestiale, che purtroppo stava per lasciarsi: il testamento di X-Chris coincideva comunque con quello di Magneto, figura centrale e carismatica del trittico di episodi con cui lanciavano la testata X-Men, a tutt’oggi campione imbattuta di vendite (seppure per diversi motivi non sempre legati alla qualità pur presente). Magneto Trionfante è ed ha tutto quello che dovrebbe essere ed avere un fumetto: Jim Lee era al suo meglio, mentre Claremont tra i suoi innumerevoli pregi ha sempre avuto quello di saper adeguare la sua prosa allo stile dell’illustratore di turno. In questo caso, ha saputo esaltare la spettacolarità delle matite di Lee, imprimendo una grandeur ai caratteri dei personaggi, prima di tutti Magneto: di questo grande character viene data forse la versione definitiva, perfettamente a metà strada tra la passione e la follia, l’eroismo e l’esaltazione, l’amore e l’odio verso umani e mutanti. Le parole di Magneto risuonano ancora oggi attuali come monito perfetto per un’integrazione così lontana e così vicina, difficile e dolorosa. Ogni membro della squadra è qui come scolpito nella pietra con la sua raffigurazione che resterà nel tempo per quanto iconica. 
In coda, il primo numero dell’aperiodico Unlimited, scritto da Claremont e disegnato da un Bachalo che già faceva progressi: una storia apparentemente action, che invece rivela in maniera delicata e silenziosa aspetti reconditi dei tre protagonisti (Ciclope, Tempesta, Xavier), per un ulteriore approfondimento.

Una Morte In Famiglia (Uncanny X-Men vol. 1, #466/471, 2006)
Claremont abbandonò gli X-Men, dopo sedici anni ininterrotti, per tornarvi anni dopo: le storie avranno pure meno pathos, ma la mano di un grande autore si sente, specialmente per il feeling che lo lega ad alcuni personaggi che ha creato lui. Proprio come Rachel Grey, figlia di Scott e Jean di un futuro alternativo (per l’esattezza quello visto nella saga "Giorni di un Futuro Presente", Uncanny X-Men vol. 1, #141/142, 1981) che in Morte In Famiglia tocca probabilmente il suo apice narrativo, in quanto in futuro nessuno saprà ritrarla bene quanto Claremont e probabilmente Alan Davis nella sua testata Excalibur. Se la seconda parte del volume è più ordinaria, probabilmente per i disegni di Philip Tan e una trama che si doveva forzatamente inserire nella trama più ampia della "Decimazione" mutante, le vignette della prima sono affidate a Chris Bachalo, un illustratore che ha avuto negli anni un’impennata incredibile passando da uno stile sporco ma ordinario ad una visionarietà grottesca ed onirica unica nel suo genere. Da confrontare con il Bachalo dell’annual pubblicato nel volume Magneto Trionfante

Gli Eroi del Domani (di Brian M. Bendis, Stuart Immonen, da All New X-Men, #1/6, 2013)
Tra i rilanci non del tutto riusciti va annoverato quello sui mutanti affidato, nel 2013, a Brian Bendis, all’epoca reduce dal successo inimmaginabile e strameritato sugli Avengers, che aveva contribuito a svecchiare, portandoli nel nuovo millennio e soprattutto donandogli uno spessore emotivo e caratteriale fino ad allora quasi assente. Accolto con fin troppe speranze nel mondo X, Bendis apportò due modifiche necessarie e geniali: l’arrivo dei cinque membri fondatori dal passato nel presente (che provocò innumerevoli conseguenze a livello narrativo) e la trasformazione definitiva di Ciclope da capo ingessato a rivoluzionario criminale. Ma non tutto riuscì come doveva: gli spunti della trama andavano bene per i primi episodi (e infatti questi primi 6 -con i disegni meravigliosi di Stuart Immonen, autore innovativo e classico, dall’incredibile forza narrativa ed espressiva- sono tra le cose migliori degli ultimi anni di X-Men), ma a lungo andare iniziarono a girare su sé stessi. 
Share on Google Plus

About ComicsViews

0 commenti:

Posta un commento