Recensione: Conan il Barbaro 3

La vera natura di Conan
di Matteo Spadini

CONAN IL BARBARO 3
Autori: Jason Aaron e John C. Hocking (testi), Gerardo Zaffino (disegni), Matthew Wilson (colori), Esad Ribic (copertina)
Formato: 48 pagine, colore, cartonato, 17x26, 3,50 €
Editore: Panini Comics

Si conferma davvero un piacere l’alternarsi delle due pubblicazioni della Marvel dedicate a Conan. Finisci di leggere il secondo de La Spada Selvaggia e pensi che forse è proprio quella la testata migliore. Poi esce il terzo di Conan il Barbaro, lo leggi, e torni a pensare che magari è quella di Aaron la storia che ti prende di più, e non quella di Duggan. E probabilmente, al prossimo giro, il discorso si ribalterà nuovamente.

Conan, come in molte delle sue avventure, si ritrova ad essere il comandante di una nave ma, questa volta, anche tutto il suo equipaggio; il cimmero è rimasto solo, infatti, dopo che il potere oscuro di un idolo di legno è stato liberato da azioni incaute e ha ridotto a brandelli ogni singolo uomo che era a bordo.
La quinta parte di “Vita e morte di Conan” è però preceduta da una storia che vede ai disegni Gerardo Zaffino, figlio d’arte, in cui il barbaro siede sul trono di Aquilonia ma vorrebbe essere altrove. Conan è perso. Si ammala nella costrizione di dover proteggere il proprio popolo e non poter far uscire così la propria natura. Il barbaro vuole una battaglia, un altro epico scontro fisico che spinga al limite la resistenza del suo corpo. Notevoli le pagine finali nelle giungle di Kush, in cui esce fuori tutta la sua frustrazione nell’indossare quella pesante corona. I disegni di Zaffino, sporchi e ruvidi, rispecchiano l’anima del cimmero.

Il Conan di Aaron continua la sua corsa alternandosi nelle diverse stagioni della propria vita. Una scelta che rende la storia una specie di caos controllato in cui il barbaro è ora un re, un pirata, un ladro, un furioso e giovane amante. In qualsiasi forma sia, Conan si mostra, si rivela al lettore nella sua natura dannata e selvaggia, si perde nelle tenebre della sua esistenza e si ritrova nuovamente davanti ad una compagnia con cui brindare e far rumore.
“Show Yourself”, come intonavano i Mastodon.
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