Recensione. Bloodshot (film)

La Valiant inizia dalla B
di Jose Maniette (trad. di A. Neri)

BLOOSHOT
Regista: David S. F. Wilson
Anno: 2020
Durata: 109 minuti
Provenienza: Stati Uniti
Cast: Vin Diesel, Eiza González, Sam Heughan, Toby Kebbell, Guy Pearce

Tutta la nostra compassione va a Valiant Comics, che, per l'uscita del primo film di supereroi basato sul suo universo narrativo, sbatte subito contro il muro del coronavirus e la chiusura di tutte le sale cinematografiche. Beh, certo, gli americani hanno avuto la possibilità di andare a vederlo prima della catastrofe, ma gli incassi indicano un fiasco, di quelli da cui ci si rialza difficilmente. Ci resta il VOD. per una serata davanti al caminetto o nel letto, ma siamo sicuri che sia una buona idea? 

Insomma, questo Bloodshot vale davvero la pena che gli si consacrino una paio di ore? Ebbene, il lungometraggio sembra, nello spirito, uscire direttamente dagli anni '80 e '90. Una raccolta delle cose buone e cattive dell'epoca, dall'eroe militare muscoloso che torna a casa in canotta attillata immacolata, dopo aver portato a termine un'ennesima missione pericolosa (presa d'ostaggi in Medio Oriente), per ritrovarci la sua amata (totalmente trasparente, sta lì solo per il pathos e la quota obbligatoria di oggetti sessuali del film), ai dialoghi e vedute ormai superati (la costa amalfitana è, comunque, magnifica). Lo spettatore si stropiccia gli occhi che, a questo punto del racconto, iniziano davvero a pizzicare parecchio. E a questo punto succede la tragedia, il momento introduttivo che cambierà la sua vita (in senso sia figurato che letterale) di Ray Garrison, che da soldato addestratissimo e zeppo di testosterone diventa una sorta di Wolverine incrociato con Deathstroke (e Cyborg, visto che ci riesce rapidamente). Una creazione meravigliosa dei laboratori del progetto Rising Spirit Technologies, il cui organismo è infestato da miliardi di naniti, piccoli robot molto furbi che ricostruiscono in tempo reale il suo organismo, dall'epidermide agli organi interni, evitando così tutte le ferite o aggressioni immaginabili. Bloodshot è virtualmente invincibile quanto Vin Diesel è inespressivo e terribilmente a bordo di un mattone fantascientifico in cui l'attore sembra arrivato con qualche anno di ritardo, anche se sappiamo quanto questa storia gli stava a cuore. Sfortuna vuole che abbiamo riletto da poco tutto il Bloodshot di Jeff Lemire (Star Comics), piccola perla di complessità in cui l'autore canadese riesce in una straordinaria opera di credibilizzazione e umanizzazione di un personaggio supercoatto, per farne una vetrina bella e brillante di un universo Valiant moderno, peraltro molto interessante e più libero negli intenti di quanto lo siano le due sorelle gemelle, Marvel e DC Comics. Però, quel Blooshot qui non lo ritroviamo. Non è lui quello che rompe crani e coccigi con la mano sinistra, facendo passare Rambo e Punisher per teneri poeti romantici di cinema d'autore indipendente. Piattezza totale della sceneggiatura, l'encefalogramma non va? Tutto questo per i primi 45 minuti. Perché da lì, ecco il miracolo! Dave Wilson riesce finalmente a far decollare il suo film! Ci siete sempre? Davvero? Ok, andiamo avanti...

Tutto ciò era troppo piatto e convenzionale per essere vero. E, per fortuna, era tutto falso! Ray è manipolato fin dal principio, è fondamentalmente il giochino personale del progetto Rising Spirit e la sua utilità è compiere i lavori sporchi e gli omicidi su commissione. Qui ritroviamo il lato patetico del personaggio dei fumetti, i cui ricordi sono confusi, frammentari o semplicemente falsi. Bloodshot non è libero, è un'arma. E ogni volta che pensa di potersi liberare, il loop ricomincia più di prima e resta prigioniero di questa cattività high-tech. Però non è solo alla Rising Spirit, e gli altri dell'azienda non vogliono tutti fargli del male. Tra questi l'affascinante Eiza Gonzalez, nel ruolo di TK, capace di effettuare un balletto kung-fu in una piscina e uscirne truccata come prima di una serata in discoteca. Il suo contributo al film è semplice: solleticare i signori poco ispirati dalle fattezze di Vin Diesel e aiutare Ray a trovare una risoluzione alla sua prigionia perché, da solo, il buon vecchio Bloodshot non potrebbe arrivarci. Per quanto riguarda i cattivi, Guy Pearce fa quel che può e si rivela abbastanza credibile e strutturato, è già qualcosa. Gli effetti speciali sono in generale di livello abbastanza basso e non sempre molto efficaci, la leggibilità dell'azione ne risente, come la serie troppo lunga di scazzottate e acrobazie varie una dopo l'altra lungo le pareti di un grattacielo. E ciliegina sulla torta, parliamo dell'aspetto fisico di Bloodshot, il suo dress code tratto dai fumetti, quello con cui forse lo identificate di solito. Nel film, ci si avvicina solo in una scena, altrimenti Bloodshot è sempre Vin Diesel in abiti civili che prende colpi su colpi e si rigenera in continuazione. Cosa sente davvero, come si trova in questa nuova realtà che è diventata la sua vita dopo essere caduto tra le mani di coloro che l'hanno migliorato (e resuscitato) col supporto dei naniti? Non frega nulla a nessuno, eh già! 

Vi avevamo avvisati, questo Bloodshot è un buon filmetto di serie B, senza pretese e nient'altro. Lontano dall'essere un film capace di rivaleggiare o avvicinarsi a quello che siamo abituati a vedere al cinema e fa male doverlo ammettere, perché amiamo sinceramente l'universo Valiant e il personaggio meritava davvero di meglio! 
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