Recensione: Dylan Dog 337

Houston, abbiamo Dylan Dog
di Alessandro Neri

DYLAN DOG 337
Autori: Roberto Recchioni (testi), Nicola Mari (disegni), Lorenzo De Felici (colori), Angelo Stano (copertina)
Formato: 98 pagine, colore, brossurato, 16x21, 3,20 €
Editore: Sergio Bonelli Editore

No, il rilancio di Dylan Dog non avviene a partire da questo numero. O meglio sì. Nì. No perché siamo di fronte ad una storia completamente scollegata dalla "continuity" di DYD (se mai ce n'è stata, ma col nuovo corso ci sarà davvero), una di quelle che possono stare in un Color Fest a tema. Sì perché è comunque con questo numero che parte la svolta, il Dylan Dog 2.0 curato da Roberto Recchioni. E mai termine fu più indicato: il co-creatore di John Doe deve proprio curare il nostro Dylan, come se si trattasse di un malato. Dare polverine di Bilotta a colazione, due compresse di Barbato e Celoni a pranzo, flebo di Brindisi a merenda, 30 mg di Simeoni a cena e altrettante di Freghieri prima di dormire. Nel dubbio, sempre meglio che meno.

La cura comincia con Recchioni stesso, coadiuvato dai disegni di uno splendido Nicola Mari e gli azzeccatissimi colori di Lorenzo De Felici
La trama di base è semplice e neanche originalissima. In un'epoca e in uno spazio che ci sembra di conoscere a menadito perché già rivisti in tanti film di fantascienza, Dylan e quattro compagni sono spediti a recuperare un'astronave. In realtà i quattro compagni non sono persone qualsiasi: sono cloni modificati del "nostro" Dylan Dog. Ma geneticamente modificati ognuno per uno scopo, ognuno con una qualità messa in risalto, mentre altre caratteristiche sono state annullate. E, altro dettaglio, neanche Dylan è il "nostro" Dylan: anche lui è un clone, ma identico in tutto e per tutto a quello che conosciamo.

Recchioni si crea quindi l'occasione di giocare con Dylan diversissimi tra loro, ma pur sempre Dylan. In realtà l'approfondimento dei personaggi è molto limitato, ma l'esperimento è riuscito. La storia fila senza alcun intoppo, è rapida e appassionante allo stesso tempo. Un ottimo film horror fantascientifico, ma a fumetti. E con l'Indagatore dell'Incubo come protagonista. O chi per lui. Del finale (una delle più importanti lacune del DYD degli ultimi 15 anni), l'abbiamo detto che è una gran chiusura? 

Per ora il "rrobe" è riuscito nell'intento: ritrovare lo spirito del Dylan Dog del 1986 e inserirlo in un'altra epoca. No, non il futuro. Oggi.
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