Recensione: Dylan Dog Color Fest 5

Un Color Fest scialbo
di Davide Paolino

DYLAN DOG COLOR FEST 5
Autori: Pasquale Frisenda, Luigi Mignacco, Giancarlo Marzano, Diego Cajelli e Giovanni Gualdoni (testi), Pasquale Frisenda, Daniele Caluri, Daniele Bigliardo e Marco Nizzoli (disegni), Pasquale Frisenda, Chiara Fabbri Colabich, Cristina Toniolo, Fabio D'Auria e Marco Nizzoli (colori), Milo Manara (copertina)
Formato: 132 pagine, colore, brossurato, 21x16, 4,80 €
Editore: Sergio Bonelli Editore

Il colore, per Dylan, ormai non è più un evento. Oltre ai vari anniversari, tra cui quello imminente del numero 300, da quattro anni si è aggiunta una nuova testata, tutta colorata, che da quest’anno diventa semestrale. Un’ottima idea che purtroppo trova un brutto numero sul cammino.

“Il grido muto” si promette di essere la storia più commovente dell’albo e ci riesce. Mignacco, non di certo l’ultimo arrivato, e Frisenda, che oltre a disegnare e colorare partecipa anche al soggetto, imbastiscono una trama perfettamente coerente con le aspettative che si hanno dal personaggio. Ci infilano una bella ragazza che non fa mai male e che è l’anello del mistero della storia e il gioco è fatto. Non un capolavoro ma si può leggere, grazie anche ai disegni e alla colorazione che danno un gusto retrò.

“Lacrima di stella” di Marzano è, purtroppo, l’anello debole dell’albo. Una storia effettivamente horror, che parla della solidarietà e dell’aiuto ai più deboli, come spesso succede nelle storie di Dylan, ma che non riesce a far divertire. Troppo breve, forse sarebbe stata meglio diluita in 96 pagine. Troppo fantascientifica per il personaggio. I disegni di Caluri, invece, sono chiari e perfetti. Ottima prova.

“Cattiva sorte” di Cajelli, al suo debutto su Dyd, parte con qualcosa che non vorremmo mai vedere: Groucho sul letto di un ospedale. E’ compito di Dylan, ovviamente, cercare di capire cosa sia successo al suo assistente-amico. E trovare una bella ragazza che lo aiuti è cosa semplice per lui. Il plot è sempre quello, e si vede che lo conosce bene, ma ci manca qualcosa, forse l’horror, che non si vede assolutamente. Per il resto la storia è godibile, tranne che per il finale. L’ultima vignetta ricorda molto alcuni telefilm anni '80 che finivano con una risata di gruppo. Meravigliosi i disegni e la colorazione di Bigliardo.

“L’uomo che non c’è” di Gualdoni, attuale curatore della testata, si apre con un Dylan spettro che ancora non si capacita della sua condizione. Il mistero viene risolto presto, d’altronde lo spazio a disposizione è poco, ma c’è quel senso di incompletezza che contraddistingue tutta la storia. Neanche i disegni di Nizzoli convincono, Dylan sembra avere un volto molto più giovane. Però nelle scende d’azione si riprende abilmente.

Infine: la copertina di Manara non è così eccezionale. Niente da dire sulla ragazza ritratta, ma Dylan non è lui.
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