Recensione: Armi di persuasione di massa

Armi per riflettere
di Elisa Dainelli

ARMI DI PERSUASIONE DI MASSA
AutorI: Brooke Gladstone (testi), Josh Neufeld (disegni)
Formato: 184 pagine, b/n, brossurato, 17x24, 20 €
Editore: Rizzoli Lizard

Dal lavoro condiviso (a quattro mani, potremmo dire) di un disegnatore e di una giornalista, entrambi americani, è nato un fumetto come Armi di persuasione di massa il cui sottotitolo è "abbiamo i media che ci meritiamo".

Il primo, Josh Neufeld, è un fumettista noto per il suo lavoro quindicennale alla saga American Splendor, ideata da Harvey Pekar ed interpretata da grandi nomi del fumetto quali Joe Sacco, Chester Brown e Robert Crumb. Neufeld è stato inoltre insignito di numerosi premi tra cui l’MTV's Best Nonfiction Comic Award del 2009 per la graphic novel A.D.: New Orleans After the Deluge, testimonianza diretta del disastro causato dall’uragano Katrina. La seconda, invece, è la giornalista Brooke Gladstone, esperta in comunicazione e direttrice del programma radiofonico On the media, vincitore di numerosi premi per la puntuale analisi del giornalismo contemporaneo.

Nel momento in cui iniziamo a sfogliare il fumetto Armi di persuasione di massa, infatti, ci rendiamo conto che di analisi del e sul giornalismo si tratta: la Gladstone si pone come voce narrante e personaggio-guida di tutto il percorso che si dipana nelle densissime 184 pagine. Disegnata da Neufeld con uno stile semplice, la figura della Gladstone attraversa tutta la storia del giornalismo a partire dalle prime forme di scrittura fino ai giorni nostri, intervenendo ed interagendo con i sipari della storia che si presentano man mano. Lo stile è accurato, attento ai dettagli ed evidenziato da un tono di celeste che si alterna tra il bianco e il nero.

Innanzi tutto, Armi di persuasione di massa è un titolo che ci appare polemico, di lotta contro i mezzi di informazione che hanno ormai perso l’obbiettivo centrale della loro indagine: la verità. La Gladstone, partendo da questa considerazione e dagli allarmi complottistici sempre più diffusi, smonta una ad una le credenze comuni riguardo il "lato oscuro" dei media. Il nodo focale attorno al quale si concentra il fumetto va controcorrente: non è vero che i media ci influenzano, spingendoci a credere ciò che essi vogliono. Siamo noi, piuttosto, a scegliere, a consumare, quindi ad influenzare loro.

L’analisi passa in rassegna eventi e personaggi carismatici dell’evoluzione dei media: la miriade di vie di comunicazione che oggi possediamo hanno anche, dalla loro, la possibilità di celare i segreti più nascosti e i magheggi più subdoli, è vero. La stessa opinione pubblica che fa vivere un giornale, però, può anche farlo morire. Il lettore di Armi di persuasione di massa, quindi, dopo aver seguito la Gladstone per queste pagine, diventerà più critico rispetto a ciò che TV, giornali o internet propongono.

Per chi si avvicina a graphic essay come questi, in cui la scrittura supera e sovrasta spesso il disegno, il contenuto è importante e con questo fumetto rimarrà sicuramente soddisfatto. Il tema è complesso, le cose da dire molte, troppe a volte. La capacità con cui la Gladstone e Neufeld sono riusciti a condensare tutti questi temi in un’unica opera è quindi ragguardevole.

Importa cosa sappiamo, infatti, e nell’epoca in cui siamo, possiamo scegliere cosa e come informarci: "abbiamo i media che ci meritiamo".
«Mi chiamo Brooke Gladstone e sono una giornalista. In genere vedo tutto nero, ma credo che questa sia un’epoca grandiosa in cui vivere. I nostri limiti sono puramente umani. I nostri nemici non sono i bit digitali che danzano all’interno dei nostri schermi, ma gli impulsi neuronali che animano il nostro cervello rettiliano».

A parte qualche piccolo errore nei riferimenti (Archimede ed il suo Eureka posto accanto al Colosseo, citazioni dantesche poco precise) questo fumetto non lascia scampo a nessuno, in particolare per quanto riguarda la storia americana. Ottimo graphic essay da cui cominciare ricerche più approfondite, ci induce a riflettere con un’apparente reductio ad absurdum (siamo noi ad influenzare i media, non viceversa) che forse tanto assurda non è.
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