Recensione: Mugiko

Ivan il Terribile
di Alberto Gallo

MUGIKO
Autori: Gianfranco Manfredi (testo), Pedro Mauro (disegni), Aldo Di Gennaro (copertina)
Formato: 114 pagine, b/n, brossurato, 16x21, 4 €
Editore: Sergio Bonelli Editore

Prendi 007, trasformalo in una spia russa, scuoti energicamente e hai ottenuto Mugiko. Ragionamento tanto facile quanto sbagliato quello di pensare il personaggio di Manfredi come una versione politicamente scorretta del buon vecchio James Bond, perché il percorso compiuto dallo sceneggiatore marchigiano è l’esatto opposto. Manfredi non parte dal personaggio di Fleming ma risale il fiume fino alla fonte dove incontra Richard Sorge, l’agente segreto britannico di origini russo-tedesche che operava per il sevizio segreto sovietico. Donnaiolo, avventuriero, spavaldo come tutti gli agenti segreti dell’epoca: anche Ian Fleming si ispirò a lui per il suo 007, prima che l’agente al servizio di Sua Maestà venisse diluito in un elegante gentleman nelle versioni cinematografiche. Quello di Manfredi, insomma, è un ritorno alle origini: il suo Mugiko (nome in codice di Ivan Ivanovič) è il prototipo del vero agente segreto, uno che non ha paura di niente e si sente a suo agio nei salotti dell’alta borghesia così come nella giungla della Birmania, uno capace di cavarsela in qualunque situazione e di portarsi a letto qualsiasi donna anche quando il letto non c’è. L’operazione ci consegna l’ennesima prova di abilità di Manfredi, riconfermando le profonde conoscenze storico-letterarie dell’autore e la sua capacità di far riscoprire al lettore il sapore più puro dell’avventura, incastonandola in un preciso periodo storico senza appesantirla con impegnative digressioni culturali. Con Manfredi, insomma, anche una semplice lettura di svago come Mugiko può diventare occasione per riscoprire angoli di Storia e narrativa spesso lasciati in secondo piano.

Lo spirito avventuroso della trama è ben spalleggiato dai disegni nervosi e ricchi di segni pennellati con vigore dal brasiliano Pedro Mauro, che già aveva affiancato Manfredi sulle pagine di Adam Wild. Il bianco e nero spiccato, percorso da un tratteggio fitto ed energico, proietta sulle tavole fotogrammi d’altri tempi dove tecnica e istinto si fondono con esperienza, correndo l’unico rischio di sembrare qua e là un po’ troppo approssimativi. Qualche sfondo carente e la gestione degli ingombri non sempre funzionale alla composizione sono però compensati dal carisma trasmesso dai personaggi e dall’attenta ricostruzione di mezzi e ambienti, capaci di assecondare alla perfezione lo spirito della sceneggiatura e farla vivere con rara maestria.

Al termine delle 110 pagine, chi si aspettava qualcosa di epocale resterà deluso. Chi invece voleva una lettura scorrevole e dinamica ma non banale, non potrà che esserne soddisfatto. Perché Mugiko non è altro che un affettuoso tributo allo spionaggio e ai suoi topos, un ironico divertissement creato più per sfizio che per chissà quali ambizioni narrative. Ma anche un divertissement può essere un prodotto fatto con stile. E Mugiko, grazie a un tandem di autori formidabile, lo è senza ombra di dubbio.
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