Recensione: The Fuse 1

Un futuro a livelli
di Giuseppe Nieddu

THE FUSE 1
Autori: Antony Johnston (testi), Justin Greenwood (disegni), Shari Chankhamma (colori)
Formato: 160 pagine, colore, brossurato, 17x26, 14,90 €
Editore: saldaPress

In un futuro prossimo l'umanità ha conquistato lo spazio: la Luna e Marte sono diventate delle colonie. E poi c'è una zona intermedia, una comunità a metà fra la Terra e le mete più ambite. Un posto dove chi ha fatto degli sbagli può ricominciare. Questo luogo è noto come il “Fuse”. Una metropoli, divisa su vari livelli e classi sociali, all'interno di una stazione geo-orbitante. Una comunità organizzata con tanto di sindaco, amministrazione e forze dell'ordine. È proprio un poliziotto uno dei protagonisti di questa storia: come primo incarico sul Fuse, deve risolvere, insieme alla sua nuova partner, un omicidio che coinvolge due clochard. 

A prima vista, sembra che abbiamo a che fare con una detective story dal sapore fantascientifico, molto ben costruita, con un ritmo incalzante sin dal primo capitolo, che porta il lettore in un thriller palpitante di azione.

Ma questo è solo il primo livello di lettura. In The Fuse si parla della società umana.
È, infatti, interessante notare come la storia sia stata scritta e disegnata senza grandi spettacolarità sulle architetture di una città sospesa nello spazio. L'attenzione è concentrata principalmente sulle condizioni di vita a cui sono sottoposti i suoi abitanti, a seconda del livello in cui essi si possono permettere di vivere. Ed i suoi livelli nascosti.
Non a caso il punto di partenza è rappresentato dagli omicidi di due senzatetto. Anche nel futuro, con la conquista dello spazio, ci sono gli invisibili, i reietti, i non desiderati. E la loro morte sarebbe passata inosservata, se non fosse per i protagonisti della storia.

A prima vista, Antony Johnston ci parla della ciclicità del genere umano, di come la storia tenda a ripetersi, a prescindere dal suo avanzamento tecnologico. Di come la massa sia sempre uniforme nel suo procedere. 
Ma ci vuol far vedere anche che il singolo può contribuire a cambiare le cose. E in meglio, anche se questo costa molto sacrificio e dedizione.

Il tratto di Justin Greenwood, arricchito dai colori di Shari Chankhamma, dal sapore graffiante e dinamico, si sposa con efficacia sia con i ritmi imposti dalla detective story, sia con quelli del messaggio sottinteso. Su questo ultimo punto, sono da notare le tavole realizzate per il capitolo ambientato nel sottomondo invisibile di questa società. Ma forse, quella più efficace, è quella di pagina 154, un'immagine davvero densa di significato.
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