Recensione: Orfani: Ringo 1

Alive
di Matteo Spadini

ORFANI: RINGO 1
Autori: Roberto Recchioni (testi), Emiliano Mammucari (disegni e copertina), Annalisa Leoni (colori)
Formato: 98 pagine, colore, brossurato, 16x21, 4,50 €
Editore: Sergio Bonelli Editore

Ringo è ancora vivo. Anche in quell’anima da guerriero solitario che aveva già da piccolo. Ringo è vivo grazie all’amore, anche per merito di quella sana e pericolosa voglia di giustizia che gli fa bruciare lo stomaco. Ognuno di noi viene al mondo per recitare la sua parte. Quella di Ringo è di liberare gli oppressi dalla tirannia, che ora si chiama GSC, ovvero Governo Straordinario di Crisi, comandato dalla dottoressa Juric.

Sono passati più o meno 20 anni dagli eventi dell’ultimo numero della prima stagione. Ringo, unico sopravvissuto alla carneficina di Orfani, ha deposto le armi a favore di una vita decisamente più tranquilla. Ma cosa ha fatto il pistolero per tutto questo tempo? Di sicuro ha conosciuto una certa Barbara e si è innamorato di lei. Lo sappiamo noi come lo sa pure Ringo che l’amore porta guai, almeno quanto la rivoluzione.

A Napoli ci sono dei ragazzi che la rivoluzione la vogliono fare, tanto da essere disposti a sacrificare la propria vita. Ringo, per amore e perché “il lupo perde il pelo ma non il vizio”, si butta nella mischia e lo fa a modo suo. A modo del Ringo di oggi, più maturo, più versatile e, se possibile, ancora più letale.
Ma il passato, quel triste fantasma che non c’è modo di cancellare, è pronto a tornare e a rivelarsi nella maniera peggiore possibile. E quando la dottoressa Juric sguinzaglia i suoi Corvi, le cose si mettono male, per Ringo e per tutti coloro che tentano di resistere ad un mondo che non li ama.

Roberto Recchioni apre così le danze alla seconda stagione di Orfani. Una stagione che promette fuoco e fiamme, come quelle tinteggiate in copertina da un Emiliano Mammucari in forma paurosa, che per questo primo numero si è occupato anche dei disegni. I colori, densi, cupi ed evocativi, sono di Annalisa Leoni.

Ringo è ancora vivo. Più che mai.
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