Recensione: King of Thorn 6

Misteri e horror per KoT
di Gianluca Lamendola

KING OF THORN 6
Autori: Yuji Iwahara (testi e disegni)
Formato: 210 pagine, b/n, brossurato, 12x18, 5,90 €
Editore: Flashbook Edizioni

Il virus Medusa sta sterminando gran parte della popolazione mondiale, così alcune persone contagiate vengono messe in animazione sospesa, sperando che al loro “risveglio” non solo si possa aver trovato una cura, ma che vi possa essere rimasto qualcuno per farlo: loro potrebbero essere gli ultimi umani rimasti. 

Così inizia King of Thorn, il manga scritto e disegnato da Yuji Iwahara: un’angosciosa storia che abbiamo imparato ad amare capitolo dopo capitolo fino ad arrivare a quest’ultimo atto, un po’ sorpresi, perché non avremmo mai immaginato potesse essere così complessa e avvincente.  Difatti, secondo le caratteristiche proprie di un B movie, la trama mette al centro la sopravvivenza del solito gruppetto di malcapitati, composto da una serie di personaggi caratterizzati ognuno da una sua qualità specifica (un galeotto misterioso, un uomo di colore alquanto aggressivo, un politico senza scrupoli, un bambino e una donna afflitta) che tuttavia nasconde una profonda introspezione psicologica. L’azione horror s’intreccia con le relazioni umane, dando origine ad un mix in cui non è poi così facile distinguere tra buono o cattivo, bene o male, almeno fino ai capitoli finali.

I protagonisti sono catapultati in un presente che non gli appartiene, in cui non vi è più niente per loro, se non i loro rimpianti. “A cosa serve vivere?” sembrano chiedersi (e chiederci) la giovane Kasumi e i suoi compagni. Così, anche noi lettori siamo stati coinvolti nei misteri di questo mondo tanto misterioso e selvaggio (abitato da bestie preistoriche) che impariamo a conoscere e ad odiare attraverso i volti contratti e spaventati degli stessi protagonisti. L’uso di abbondanti primi piani e l’abbondanza di chiaroscuri ci mostra l’impronta fortemente emotiva che l’autore ha voluto dare alla tavola, invitando il lettore a seguirlo fino alla fine, a fare il balzo oltre lo specchio, proprio come l’Alice di Lewis Carroll. La verità non è dietro l’angolo, ma dietro un groviglio di spine.
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