"Nessuno muore a Neverland", tanto meno Brendon D'Arkness
di Matteo Spadini
BRENDON 89
Autori: Claudio Chiaverotti (testi), Esteban Maroto (disegni), Massimo Rotundo (copertina)
Formato: 98 pagine, b/n, brossurato, 21x16, 3,20 €
Editore: Sergio Bonelli Editore
Il miglior cavaliere di ventura della nuova Inghilterra accetta un lavoro che ha a che fare con la vita e la morte, la malattia e la cura ad ogni costo (tremila regine in questo caso) e l'innato desiderio umano di aggirare la natura e il corso degli eventi. Potremmo anche concluderla qui, ma così facendo sminuiremmo il gran lavoro di Chiaverotti e di Maroto, che ha avuto il compito di disegnare i marcati lineamenti di Brendon. Questa volta il cavaliere sembra avere persino qualche ruga, un po' per la fatica del viaggio, un po' perché il tempo passa anche per lui. Ma come ogni genere di eroe che esce in edicola a cadenza periodica, che sia a cavallo o a bordo di un maggiolino, non può permettersi di morire. Né a Neverland, né altrove.
Ma pare che a Neverland non muoiano neanche i comuni mortali e che il tempo si sia fermato circa vent'anni fa. E come arrivarci, a Neverland, è un problema di Brendon. Perché pare che questa Neverland sia una leggenda.
Nel numero 89 di Brendon c'è tutto ciò che deve esserci in un numero della creatura di Chiaverotti: donne, locande, pistole, anime perdute, misteri, luoghi di morte ma pur sempre affascinanti, personaggi surreali e immancabili resti della vecchia era. Ma è il tempo la vera colonna portante della storia, il passare degli anni, la vecchiaia, la malattia. Dunque, la morte. Perché volenti o nolenti si muore, anche nella nuova Inghilterra e probabilmente anche a Neverland. Le voci dicono il contrario, ma Brendon ne ha viste e sentite tante, e non si fa certo scoraggiare se per raggiungere la meta dovrà avere a che fare con una cartina in vena di scherzi e cavalcare Falstaff nel nulla. Roba da niente, come i miliziani e il cattivone di turno. Ma la morte, quella fottuta e indomabile signora in nero, non la inganni.
Fortuna che il nostro cavaliere di ventura non dovrà mai averci a che fare per davvero.
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