Recensione: Gli Incredibili X-Men 1-8

L'era X
di GianLorenzo Franzì

GLI INCREDIBILI X-MEN 1-8
Autori: Ed Brisson, Matthew Rosenberg e Kelly Thompson (testi), Mahmud Asrar, Mirko Colak, Ibraim Roberson, Mark Bagley, R.B. Silva, Yıldıray Çınar, Pere Perez, Carlos Gomez, John McCrea, Salvador Larroca e Carlos Villa (disegni), Rachelle Rosenberg, Guru-eFX,  Michael Spicer e Juanan Ramirez  (colori), Leinil Francis Yu, Edgar Delgado, Elizabeth Torque, Salvador Larroca, Whilce Portacio e Erick Arciniega (copertine)
Formato: 80 pagine, colore, spillato, 17x26, 4,20 € cad.
Editore: Panini Comics

È ormai da un bel po’ di tempo che in casa Marvel la numerazione delle testate storiche e quindi più longeve viene azzerata ripartendo da 1, con il conseguente starting point narrativo: fortunatamente, sono però un paio di anni che Cebulski e Quesada hanno deciso di accompagnare la “nuova” numerazione con quella classica, adesso denominata “legacy”. Come non è neanche un mistero per nessuno che tra rilanci vari e serie top, i mutanti che dagli anni ’80 (ovvero da quando arrivò Chris Claremont al timone dell’ammiraglia Uncanny, seguendo poi con The New Mutants, Excalibur, Wolverine...) fino ai primi anni 2000 avevano assunto il ruolo di testata leader, per qualità e vendite, assurgendo a simbolo della stessa Casa delle Idee, fossero stati tenuti un po’ in disparte: trame non brillanti e scrittori non sempre all’altezza, tra rilanci non completamente riusciti - affidati ad esempio a Guggheneim o all’altrove eccellente Bendis - e nuove testate subito chiuse. Se il motivo sia stato o meno la travagliata vita sul grande schermo, tra diritti e mondi narrativi condivisi e l’incredibile successo del brand MCU non è dato sapere: fatto sta che generalmente, la grandezza degli X-Men e del loro cosmo sfaccettato e incredibilmente emotivo si fa risalire a tre grandi fasi e tre autori: Claremont per gli anni ‘70/80, Lobdell e Nicieza per gli anni ’90, Morrison per gli anni Zero. Era dunque necessario, da parecchio, un nome nuovo per una nuova grandezza: ed è arrivato Jonathan Hickman a spiazzare tutti con House of X e Powers of X, prodromi della sua nuovissima X-Men. Eppure si è pensato bene di far attraversare agli eroi una sorta di ponte narrativo, una fase di avvicinamento tra il vecchio e il nuovo, tramite la miniserie Age of X-Men e la testata Uncanny X-Men ripartita di nuovo dal numero 1 affidata all’astro nascente Matthew Rosenberg.

L’ETÀ DI X-MaN
Negli anni ’90, Scott Lobdell ideò Age of Apocalypse, una saga per tanti versi sconvolgente, per la quale si fecero chiudere per quattro mesi le principali testate mutanti (allora Uncanny X-Men, X-Men, Generation X, Wolverine, X-Factor, Excalibur) sostituite da altrettante ma riversate in un universo alternativo dove Charles Xavier era morto, ucciso dal suo potentissimo figlio Legione. Da allora, diverse volte si sono avuti schemi narrativi simili, compreso l’ultimo: in seguito allo scontro tra Nate Grey (proveniente proprio dall’Era di Apocalisse) e lo stesso Legione, quasi tutti i mutanti sono stati trasferiti in una realtà parallela creata proprio da David Haller. Per questo, dall’aprile all’agosto 2019, a parte Uncanny, sono uscite in edicola serie che raccontavano di questa nuova realtà, che sotto il nome ombrello di Age of X-Man avevano per titolo Marvelous X-Men, Next Gen, Prisoner X, The Extremist, The Amazing Nightcrawler, Apocalypse and The Extracts, e nonostante l’esperienza narrativa, come detto, non sia certo una novità questa volta le diverse serie sono di qualità medio-alta: qui i membri fondatori degli X-Men contano anche Nate Grey, e diversi nomi eccellenti sono ormai defunti (in pratica, tutti coloro che sono rimasti nel Marvel Universe), mentre il gruppo è un’eccellenza governativa che mantiene la pace in un mondo che ha bandito le relazioni sentimentali e che promuove la riproduzione artificiale, e chi sgarra è preso di mira da una sorta di controspionaggio, quegli Extremisti capitanati da Betsy Braddock.
Attraverso l’espediente spazio-temporale di distorsione di tutti i vari character, nelle serie è possibile sviscerare il senso profondo della comunità mutante e descrivere con accuratezza le psicologie dei personaggi: in particolare, I Meravigliosi X-Men (di Naddler/Failla) e Apocalisse e gli X-tratti restituiscono un affresco corale profondo e coraggioso, rileggendo alcuni personaggi classici e declinandoli in maniera inedita ma funzionale. In particolare, Apocalisse si lega a doppio filo con Next Gen (di Brisson/To), serie che raccoglie l’eredità delle diverse storie mutanti incentrate sui dolori adolescenziali. Affascinante la figura di En Sabah Nur nella sua nuova veste di portatore di amore in un mondo dove le relazioni affettive sono vietate; così come affascinanti sono le suggestioni che riecheggiano le riflessioni sul concetto di rivolta e di vietato, temi cardine in ogni X-storia che si rispetti. “Cosa siete disposti a fare pur di vivere in un mondo perfetto?”: è un po’ la domanda chiave dell’intera narrativa post 11 settembre, specie quella proveniente dagli Stati Uniti, e che con Naddler veste alla perfezione le metafore politiche da sempre all’interno delle storie della Marvel, specialmente quelle mutanti. Il valore dell’utopia, la creazione di falsi nemici per distrarre l’opinione pubblica, le fake news, tutti argomenti trattati con la giusta distanza e profondità, senza disdegnare sequenze meta fumettistiche ammiccanti e divertenti.

GLI INCREDIBILI ROSENBERG E LARROCA
Discorso diverso per la serie centrale, quella Uncanny rimasta nell’universo Marvel classico che segue le disavventure del rinato Scott Summers, alla ricerca disperata dei mutanti sopravvissuti (tutti quelli passati nella dimensione dell’era di X-Man sono ritenuti morti dal mondo). Lo sparuto gruppo è senza una guida, considerato il tormento interiore di Ciclope: tornato alla vita, sente che la sua missione, tenere vivo il sogno di Xavier, è definitivamente morta e i mutanti rimasti al mondo sono solo dei sopravvissuti in continua fuga. Intorno a lui, Rosenberg raduna un cast di volti dimenticati ma interessanti, come lo Sean Cassidy ultimamente zombi, la misteriosa Revanche (il corpo di una ragazza asiatica che Betsy Braddock utilizzò quando rinacque dopo aver attraversato il Seggio Periglioso in Australia, in avventure ormai leggendarie disegnate da Marc Silvestri e scritte dal deus ex machina Claremont) tornata dopo che la Braddock ha riassunto la sua fisionomia occidentale, alcuni ex Nuovi Mutanti, Havock, persino il ritornato Wolverine: e l’operazione, nonostante sembri assumere i connotati “nostalgia”, è ben lontana dall’essere solo quello.
Se infatti tutta la scrittura di X-Men Gold (serie che tre anni fa ha rimpiazzato momentaneamente Uncanny) di Marc Guggenheim era tutta rivolta alla ricerca di uno stile che ritrovasse lo spirito degli X-Men trionfatori nelle classifiche di vendite e di gradimento degli anni ’90, ma solo nel mood e non nelle pieghe emotive più profonde - risultando quindi una copia stinta che si è spenta giustamente dopo una manciata di mesi -, la gestione dello scrittore di The New Mutants si rivela qualcosa di più sentito e profondo, suggerita da uno slancio sincero che rende per questo “veri” anche i personaggi che racconta.
Rosenberg ha poi un vantaggio in più: quella visione d’insieme che era tipica di Claremont e che divenne da lui in poi il marchio distintivo e quasi obbligatorio dei mutanti. Portano la sua firma, negli ultimi anni, diverse mini mutanti tra cui appunto The New Mutants: Dead Souls, Astonishing X-Men: Fino alla Fine e The Multiple Man: e questo ha fatto sì che lo scrittore potesse stendere lentamente le sue trame a lunga gittata, avendo a disposizione diversi personaggi e abbastanza tempo per far maturare i suoi misteri. Nella sua run su Uncanny riprende quindi diverse situazioni, le ricollega tutte e le rende un affresco corale ed unitario con un cuore pulsante forte che regala momenti di non trascurabile emozione. Certo, la macchinosità di alcuni passaggi non è resa alla perfezione dalle matite di Salvador Larroca che seppure trovi una sua sintesi e maturazione di stile tornando ad un tratto pulito che ultimamente aveva perso, non riesce ad essere perfettamente in forma nel layout complessivo della tavola, con un risultato confusionario che non giova alle labirintiche trame del suo scrittore. Uncanny però parte da un assunto utile: gli X-Men devono emozionare. E per questo, le loro azioni devono essere guidate essenzialmente dal cuore e dai loro sommovimenti interiori. Per questo scopo, i caratteri sono definiti in maniera precisa così come le loro intenzioni, e grazie a questo intento ogni X-Man ha un suo tratteggio ottimale. Le tortuosità di Scott, i dubbi di un non più monolitico Logan, il disincanto di Alex Summers, il disfattismo dei più giovani membri come Danielle Moonstar, Xi’An Coy Manh, la rabbia di Jonothon Starsmore... e si potrebbe continuare, visto che Rosenberg sa dare una dimensione appropriata ad ognuno.
I 20 numeri e passa servono oltretutto a fare piazza pulita del sottobosco mutante, fin troppo pieno di personaggi che avevano un senso nel momento in cui sono stati creati, ma che oggi diventano zavorra narrativa:
*SPOILER ALERT*
*SPOILER ALERT*
*SPOILER ALERT*
e allora via Rahne Sinclaire, Jono Starsmore, Joseph (il clone di Magneto che ebbe un attimo di notorietà all’inizio dei Duemila), Bestia Nera, Shinobi Shaw, Fabian Cortes…

Insomma, tutto in pieno stile Morte & Dissoluzione, che tanta fortuna portò ai mutanti insieme ovviamente alla bravura e intelligenza dei loro autori e a come hanno saputo rendere tridimensionali i personaggi.
Che poi tutto questo sia stato fatto non solo in vista dell’arrivo di Hickman, ma anche perché l’accordo tra Fox e Marvel Studios porterà ad una rinascita commerciale su grande schermo dei mutanti, non è dato sapere. Ma neanche importa poi tanto, se poi il risultato sono piccole perle come “Ci siamo sempre stati” (“We Have Always Been - Part One”, da Uncanny X-Men 17) su GIXM 353.
Il tutto in attesa della rivoluzione hickmaniana: che da novembre porterà la Panini Comics a pubblicare un albo X a settimana, alternando due albi quindicinali e cioè con GIXM che resta quindicinale e cambia (momentaneamente) nome in House of X, e la rediviva XMEN BLUE che torna uscendo ogni quindici giorni e presenta Powers of X.
Noi non vediamo l’ora.
E aspettiamo l’ora X.
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