Recensione: Snowpiercer

Fantastico il thriller distopico Snowpiercer
di Alessandro D'Anza

SNOWPIERCER
Autori: Jacques Lob e Benjamin Legrand (testi), Jean-Marc Rochette (disegni)
Formato: 256 pagine, b/n, brossurato, 17x24, 5,90 €
Editore: Editoriale Cosmo

“Percorrendo la bianca immensità di un inverno eterno e ghiacciato, da un capo all’altro del pianeta, corre un treno che mai si fermerà. E’ lo Snowpiercer dai mille e uno vagoni”. Inizia così la premiata miniserie Snowpiercer scritta da Jacques Lob (Superdupont) e da Benjamin Legrand (Lone Sloane, Tueur de cafards) e disegnata da Jean Marc Rochette (Napoléon et Bonaparte).

Come ogni storia di fantascienza che si rispetti le premesse si trovano già all’inizio della vicenda. Un’umanità braccata da un freddo micidiale, giunto dall’oscurità con la stessa furia di un castigo divino, si asserraglia all’interno di un treno progettato per viaggi di piacere su lunghe distanze e che, così equipaggiato, consente a un ultimo baluardo di umanità la sopravvivenza in un mondo diventato ostile. La vicenda, nel primo episodio, viene minuziosamente descritta da Proloff, profugo evaso dall’inferno dei vagoni di coda e intenzionato a sopravvivere con ogni mezzo consentito.

Il freddo intenso (la temperatura della superficie terrestre è fissa a -80°C) unito al raschiante, perenne cigolio del treno stagliano sullo sfondo delle peripezie di Proloff un velo di solitudine che non smette mai di accompagnare il lettore fino all’ultima pagina. Torna immediatamente come pietra di paragone lo splendido thriller-capolavoro A trenta secondi dalla fine (Runaway Train è il titolo originale) di Andreij Koncalovsky nel quale due detenuti evasi da un carcere di massima sicurezza si rifugiano all’interno di un treno senza macchinista, lanciato a folle velocità fra le vaste e innevate distanze di un’Alaska invernale. Laddove però in Runaway train il tema dominante della storia è il desiderio di vivere fine a sé stesso, contro ogni probabilità e avversità, in Snowpiercer anche una situazione disperata come quella che vivono i passeggeri del treno offre l’occasione per ricreare le stesse barriere sociali e culturali che caratterizzano la società umana dall’alba dei tempi. I passeggeri del treno non si comportano come “sopravvissuti”, ma come cittadini di una nuova società governata dalle differenze di casta e di provenienza. Sui vagoni di testa viaggia la classe dirigente, l’élite culturale, le autorità militari che appoggiano senza scrupoli il potere politico mentre il “centro” è il luogo di provenienza dei burocrati, degli operai e dei lavoratori agricoli. Inutile dire che la coda del treno è il proletariato urbano, privato dei diritti più elementari, primo fra tutti il diritto alla vita.

Fin dalle prime battute il desiderio del lettore è di veder distrutto questo circolo vizioso. Dopo le prime pagine sappiamo esattamente cosa aspetta Proloff nel suo viaggio attraverso il ventre metallico del treno leggendario, le sue difficoltà diventano le nostre e, mentre il protagonista cerca di trovare un posto in cui nascondersi e sopravvivere, noi vogliamo che il treno deragli, esploda, cancelli dalla faccia della terra l’umanità corrotta che lo ospita. Unico barlume di speranza è offerto dal singolare credo dei passeggeri del treno: la Santa Loco, il culto dedicato alla leggendaria locomotiva perfettamente autosufficiente che viaggia attraverso il deserto innevato. La locomotiva deve essere “abitata” perché continui la sua infinita marcia e uno spirito deve “animarla” perché continui a viaggiare, gli abitanti del treno credono a questo dogma e ad esso si sottomettono. Viene immediatamente da chiedersi quale spirito alberghi nella locomotiva: la speranza per il futuro dell’umanità o il desiderio che essa cessi di esistere? La risposta potrete trovarla da voi, in edicola, da febbraio nella Collana Blu dell’Editoriale Cosmo.

Una prosa potente, disegni dal tratto netto che ricordano volutamente i fumetti americani di fantascienza pura degli anni ’50 e che vengono sostituiti da un sapiente chiaroscuro sfumato all’interno della seconda e terza storia “Il Geoesploratore” e “La terra promessa”. Queste sono le cifre stilistiche di Snowpiercer che, se da un lato soddisferà pienamente i cultori della fantascienza e della fantadistopia alla Orwell non lascerà a bocca asciutta gli amanti del thriller e della fantapolitica.

Un prodotto di qualità che, speriamo, avrà lunga vita nel mercato editoriale, magari spinto anche dal film che esce nello stesso periodo del fumetto della Cosmo.
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