Recensione: Secret Warriors 1

I ragazzi di Fury
di Biagio Andrea Barra

SECRET WARRIORS 1
Autori: Brian Michael Bendis e Jonathan Hickman (testi), Stefano Caselli (disegni)
Formato: 144 pagine, brossurato, colore, 17x26, 5,50 €
Editore: Panini Comics

Norman Osborn, il pazzo omicida meglio conosciuto come Goblin, è riuscito nel suo intento di raggiungere una posizione di potere politico: è stato infatti nominato direttore dell’H.A.M.M.E.R., la potente agenzia di spionaggio che ha rimpiazzato lo S.H.I.E.L.D. del latitante Tony Stark. In questo nuovo ruolo Osborn è, di fatto, l’uomo più potente degli USA, forse perfino più del Presidente: chi mai potrà opporsi alle sue losche e sanguinarie macchinazioni? C'è ancora qualche speranza per il Marvel Universe di uscire da questo "regno oscuro"? Forse sì, e una delle poche luci nell’oscurità potrebbero essere l’inossidabile Nick Fury, storico Direttore dello S.H.I.E.L.D., e i suoi Secret Warriors, una task force di giovani mutanti reclutati da Fury durante l’invasione degli Skrull: il gruppo è composto dalla leader, Quake, e da Slingshot, Druido, Muraglia, Hellfire e Phobos.

Questo primo volume ha il sapore del prologo e ci introduce a una serie di eventi che verranno sviluppati nelle prossime uscite. La trama è decisamente legata alla realtà contemporanea, dove ormai è difficile distinguere i “buoni” dai “cattivi”: in questo senso, una scoperta sconvolgente attende il nostro Colonnello Fury - vero protagonista principale - e servirà da motore non solo alla trama in sè, ma anche alla maturazione della giovane compagnia di soldati da lui addestrati, e in particolar modo di Quake. 

La storia scorre via abbastanza fluidamente, anche grazie a una struttura a flashback ben armonizzata e ben dosata, che viene utilizzata in maniera ideale, ancorché necessaria, visti i numerosi scenari con cui è strutturato questo primo arco narrativo. D'altronde, la complessità del quadro d’assieme in cui si muovono i personaggi (tanti) e la difficoltà di alcuni passaggi (pochi), resi un po’ caotici dai numerosi fili da ordinare e riannodare, non poteva che imporre inevitabili cambi di marcia, per concedere agli autori di garantire a ogni dettaglio il giusto focus.

Le matite del nostro Stefano Caselli, infine, sono adatte e ispirate: il suo tratto è intimista quando serve, roboante al momento giusto, e comunque sempre sicuro e deciso, descrivendo tutti i personaggi con chiarezza, e tratteggiando, soprattutto, un Fury spietato e ironico, con una chiara strizzatina – con omaggio annesso - al leggendario Jim Steranko, penciler che negli anni ’60 lasciò il segno nelle storie del beneamato Colonnello.
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